La Corea del Nord ha confermato, per la prima volta dall’inizio della pandemia, i primi casi di Covid. Nonostante la rigida chiusura, aumentata proprio causa Covid, il virus sarebbe riuscito a penetrare nel Paese. Una versione ritenuta largamente improbabile dalla gran parte degli osservatori.

Il primo lockdown in Corea del Nord

Proprio a seguito dei primi casi di contagio, il dittatore Kim Jong-un ha imposto un rigido lockdown in tutte le città della Corea del Nord. Secondo i media locali, il primo focolaio si sarebbe sviluppato nella capitale di Pyongyang, senza però specificare il numero di casi riscontrati. Sempre stando alle parole degli stessi medi, il primo caso sarebbe stato individuato nella giornata di giovedì scorso e si tratterebbe di una variante di Omicron, maggiormente contagioso rispetto alle altre.

La KCNA ha inoltre riportato le parole dello stesso Kim Jong, il quale ha ordinato “misure di massima emergenza” per eliminare il prima possibile la pandemia. Proprio in merito a questo il dittatore ha definito la situazione di “grave emergenza nazionale”. Non sono trapelati altri dettagli, ma per NK News, sito d’informazione americano, un primo lockdown sarebbe stato già introdotto in alcune aree di Pyongyang a partire da martedì.

La scelta di chiudere i confini, a partire da marzo 2020, aveva comportato la rinuncia agli scambi commerciali con la Cina, l’unica grande economia che mantiene buoni rapporti con la Corea del Nord. Il blocco delle importazione di alimenti, carburanti e fertilizzanti, aveva provocato una grave crisi di cibo, mettendo ancora di più in crisi l’economia del Paese. Un fatto che aveva portato Kim ad ammettere la situazione in pubblico, chiedendo ulteriori sforzi alla popolazione. Ciò che preoccupa maggiormente, però, è la possibilità che il virus possa dilagare, visto il sistema sanitario già molto precario e un campagna vaccinale mai iniziata.