La disuguaglianza lavorativa è un argomento che sta diventando sempre più centrale nelle nuove generazioni. Da anni, infatti, sempre più giovani si trovano davanti al bivio della scelta se trasferirsi all’estero o intraprendere un lavoro per il quale sono troppo qualificati. Ma cosa ha portato questo bivio di scelte tra i giovani?
La difficoltà nel trovare il lavoro porta alla disuguaglianza
Il motivo a monte di questa disuguaglianza è che sempre meno giovani riescono a trovare un’occupazione. In particolare, negli ultimi quindici anni, i lavoratori della fascia d’età compresa tra i 15 ed i 24 anni sono passati dal 25,7% del 2005 al 16,8% del 2020. Ma ad interessare questa diminuzione occupazionale è stata anche la fascia 30-34 anni, passa dal 74,5% al 66,9%. La paura di trasferirsi all’estero, inoltre, porta molti giovani ad accontentarsi di un lavoro per il quale risultano sovraistruito.
Secondo il nuovo report di Disuguitalia di Oxfam, più di un giovane su tre svolge un’attività professionale che richiede un titolo inferiore a quello che possiede. Molti di loro hanno optato per il trasferimento all’estero, con 112mila studenti che, tra il 2010 ed il 2019, hanno abbandonato il bel Paese. Chi di loro, invece, non è disposto ne a cambiare stato ne ad accettare un lavoro per il quale è sovraistruito, decide di prendersi una pausa. In Italia il 27,9% dei giovani (20-34 anni) ne studia ne lavora. Una percentuale talmente alta da conquistare il primato europeo, con la Grecia ferma al 26,4%. In fondo alla classifica troviamo Germania (12%) e Paesi Bassi (6,7%).
Una situazione che, oltre a danneggiare gli stessi giovani, va a danneggiare tutta la crescita economica italiana. Motivazioni che hanno portato la creazione di nuove generazioni meno formate, meno valorizzate dal sistema produttivo e sempre più a carico delle famiglie o del welfare pubblico.