Il “pestaggio” di Stefano Cucchi avvenuto nella caserma dei carabinieri di Roma Casilina – la notte del 16 ottobre 2009 – è stata la “causa primigenia” di una serie di “fattori sopravvenuti'”, tra i quali le “negligenti omissioni dei sanitari”, che ha causato la morte del geometra romano. Sono queste le motivazioni date dalla Corte di Cassazione. Motivazioni che hanno portato alla condanna a 12 anni di reclusione i militari Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Respinto dunque il ricorso dei Carabinieri autori del pestaggio di Cucchi che sostenevano il “decorso anomalo” della sua morte.
La motivazione della sentenza: il pestaggio ha causato la morte di Cucchi
In merito la Corte di Cassazione si è pronunciata così. “La questione della prevedibilità dell’evento” delle lesioni e poi della morte, nel caso del pestaggio subito da Stefano Cucchi ad opera dei Cc, “è certamente fuori discussione, date le modalità con le quali gli imputati hanno percosso la vittima, con colpi violenti al volto e in zona sacrale, ossia in modo idoneo a generare lesioni interne che chiunque è in grado di rappresentarsi come prevedibile conseguenza di tale azione”.
Rinviate le condanne degli altri carabinieri
Se per i Carabinieri Di Bernardo e D’Alessandro è arrivata la condanna definitiva così non è stato per il Maresciallo Mandolini e il carabiniere Tedesco. La quinta sezione della Corte di Cassazione ha rinviato a un nuovo processo d’Appello gli altri due imputati. Il Procuratore Generale della Cassazione, Tomaso Epidendio, nella sua requisitoria aveva chiesto la conferma delle condanne per i 4 carabinieri. Queste le parole del PG. “Il pestaggio attuato dai carabinieri nella caserma Casilina è stato una punizione corporale di straordinaria gravità, caratterizzata da un’evidente mancanza di proporzione con l’atteggiamento non collaborativo del Cucchi”. L’Arma dei Carabinieri fa sapere in una nota che i comportamenti dei militari condannati sono contro i valori e i principi che chi indossa la divisa deve sempre rispettare.