Joseph Fontano. Danzare lontano dalla violenza. Il 29 aprile, data della nascita di Jean Georges Noverre, il più grande coreografo della sua epoca nonché creatore del balletto moderno, si è celebrata la giornata internazionale della danza promossa dall’International Dance Council dell’UNESCO e istituita nel 1982 con lo scopo di promuovere e diffondere i valori universali di quest’arte.
Per il quarantennale di tale ricorrenza è uscito in libreria “Il fulmine danzante. Quasi un romanzo”, autobiografia di Joseph Fontano, considerato ad oggi uno dei padri della danza contemporanea in Italia, presidente del World Alliance Dance Europe e dal 2009 al 2013 dell’International Dance Committee – International Theatre Institute dell’UNESCO.
Figlio d’arte, sua madre era una delle Rockettes del Radio City Music Hall di New York, Joseph Fontano incarna appieno la magia e la ribellione degli anni Settanta, e lo fa attraverso la sua danza naturale e fulminea unitamente a un metodo didattico autorevole e carismatico.
Di seguito un estratto dall’intervista all’interno del Tg Plus di Cusano Italia Tv, condotta da Francesca Pierri. L’edizione integrale è disponibile in calce.
Joseph Fontano. Danzare lontano dalla violenza
Probabilmente un padre militare, eroe di guerra, con un certo tipo di modo di fare e che aveva già cresciuto un fratello poi entrato nelle forze dei marines non poteva che concepire la violenza come insita in lui. In guerra si ritrovò a essere l’unico soldato del suo plotone sopravvissuto, si finse morto per tre giorni e solo poi con una radio avvertì il comando della sua presenza
Non voglio giustificarlo ma posso capire come questi eventi possano aver influito dal punti di vista psicologico nel creargli una serie di squilibri. Era molto manesco e io ero un bambino molto esile e soprattutto piccolo. Fin quando non l’ho affrontato direttamente assecondando la sua violenza, chiedendogli di picchiarmi. Fu allora che si arrese, quando vide che lo stavo affrontando, non alzò più un dito su di me.
L’approdo alla danza internazionale
Mia madre era una danzatrice e mi ha trasmesso la sua passione. L’unica cosa che si può fare con una passione nella vita è rendersi indipendenti. Per questo a diciott’anni ho preso la porta e non sono più tornato a casa, ma sono stato latitante per due anni, perché allora la maggior età si raggiungeva solo a 21 anni. Così venni notato da un coreografo iniziai la mia carriera. Mi sono dovuto tutelare molto e da solo, nella danza sei tu la tua arte, sei tu il tuo strumento.
Quando sono arrivato nel ’71 ad approdare a livello internazionale nel mondo della danza, la danza contemporanea era molto conosciuta ma poco in Italia. In Italia si era appena usciti dagli strascichi della seconda guerra mondiale e solo negli anni 70 si riscoprì davvero il modo di fare danza attraverso una ricerca coreutica diversa. Finalmente diventò un vero e proprio lavoro. L’arte lo è e non può non esserlo, ma non è soltanto un lavoro è anche un grande investimento.
Il caso Jan Fabre condannato a 18 mesi di reclusione
Nel mondo c’è un teatro di danza che porta in scena delle situazione estreme. Non lo fa solo Fabre. Parliamo anche della Bausch, e di persone e luoghi legati al Physical Theatre. Anche il teatro negli anni 60 e 70 era violento e cruento. La questione relativa a Fabre tocca ovviamente l’intimo di ognuno di noi e la nostra sessualità, insieme alla nostra persona. Dovremmo poter costruire la nostra arte anche con la sensibilità del nostro corpo riconoscendo quella degli altri. La linea è sottile e sempre sul filo del rasoio se si pensa a cosa è violenza e cosa non lo è.
Cose di questo genere in teatro non ne ho mai viste ma ho visto molta violenza psicologica. Essere messo di fronte a delle situazioni, esserne allontanato: il mondo dello spettacolo può sembrare rose e fiori ma non lo è, la competizione è spietata e la danza ancora di più. Io sono riuscito ad arrivare a essere solista perché il primo ballerino si infortunò e io gli somigliavo molto. Poi ho subìto però da lui , una volta rientrato in compagnia un bullismo molto violento che ho dovuto a diciannove anni superare da solo.
Di seguito l’intervista completa – estratto TG PLUS 08/05/2022