Invecchiare in Italia: noi i più anziani d’Europa. Over50 occupati e in forma
Invecchiare oggi in Italia rispetto a 20 anni fa vuol dire maggior occupazione (+11 punti percentuali), autonomia e indipendenza (+3,3 punti percentuali), miglior prospettiva di salute (+9,1 punti percentuali), rischio povertà più contenuto (-7,4 punti percentuali). Ma vuol dire anche essere uno dei riferimenti principali per il sistema di welfare “informale”, sia nella cura di nipoti o altri bambini (+4,3 punti percentuali rispetto al 2010), sia nella cura di altri anziani, o persone in condizioni di disabilità.
È quanto emerge dal Rapporto nazionale sull’attuazione del Piano di azione internazionale di Madrid sull’invecchiamento, realizzato dall’INAPP (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) nell’ambito del supporto tecnico-scientifico fornito al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e sarà presentato in occasione della Conferenza ministeriale della United nations economic commission for Europe (Unece) sull’invecchiamento, in programma a Roma dal 15 al 17 giugno con la collaborazione del Governo italiano.
Invecchiare in Italia: record di over65
l’Italia è lo Stato membro dell’Europa a 27 con la più alta percentuale di over 65, il 23,5% della popolazione, mentre gli ultraottantenni sono il 7,6% del totale. La pandemia da Covid-19 non ha rallentato il processo di invecchiamento della società italiana, la cui età media è ora di 46 anni.
“In tale contesto – ha affermato Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – una delle priorità di intervento per il prossimo futuro è rappresentata dalla questione di genere. Le diseguaglianze di genere continuano infatti a presentarsi nel contesto delle trasformazioni dei modelli e delle dimensioni familiari, nelle relazioni di coppia e negli stessi servizi di cura. ll rapporto tra le generazioni e la struttura demografica influenzano i modelli culturali, nonché le trasformazioni del lavoro e dei processi di sviluppo della vita sociale. Inoltre, – ha continuato Fadda – risulta evidente la necessità di coordinare e integrare tutte le politiche per l’invecchiamento, nelle diverse funzioni e nei diversi ambiti di intervento, in modo da favorire la realizzazione di azioni coerenti con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile”.
Povertà assoluta dimezzata
Fra il 2005 e il 2020, in questa fascia di popolazione, l’incidenza della povertà relativa è infatti rimasta più o meno costante (intorno al 5%) mentre la povertà assoluta ha fatto registrare una marcata diminuzione, dal 15% del 2002 a 7,6% del 2020. La percentuale di quanti sono esenti dal rischio di povertà si è ulteriormente ampliata (dall’88,5% del 2010 a 92,4% del 2020). Un numero sempre più ampio di anziani vive in soluzioni di vita autonoma ed indipendente (+3,31%) e in condizioni di salute in costante miglioramento; la percentuale di anni in buona salute sull’aspettativa di vita dopo i 55 anni è cresciuta per entrambi i generi di 9,1 punti, nonostante l’impatto della pandemia.
Il welfare fatto in casa
In un contesto di trasformazione delle strutture familiari, le generazioni più anziane continuano ad essere uno dei riferimenti principali per il sistema di welfare “informale”, sia attraverso il contributo ai redditi delle famiglie, sia nella cura di nipoti o altri bambini (+4,3% rispetto al 2010), nonché in misura più contenuta nella cura di altri anziani o persone in condizioni di disabilità (spesso il coniuge).
Circa la metà delle Regioni italiane si è dotata di una legge regionale trasversale e organica sull’invecchiamento attivo. Anche se l’attuazione di queste normative può risentire di carenze strutturali, in particolar modo nell’area dei servizi sociali, esse hanno consolidato la capacità di predisporre politiche e interventi che valorizzino l’apporto dei più anziani alla società e all’economia, in relazione alle funzioni che essi svolgono nello sviluppo della vita delle comunità.
Il Rapporto può essere scaricato dal sito dell’Unece (https://unece.org/mipaa20-country-reports), dove sono disponibili anche le precedenti edizioni (2007, 2012 e 2017), sempre redatte dall’INAPP.