Continuano le giornate dedicate al Festival d’Europa a Firenze che vedrò “protagonista” anche il sindaco di Bucha, Anatoliy Federuk. Il primo cittadino di una delle zone più martoriate nel conflitto bellico ha tenuto una lunga intervista in cui ha raccontato lo strazio subito dalla città ucraina.

In particolare, Anatoliy Federuk ha sottolineato la brutalità dei russi e la sua posizione politica, oltre a diversi altri aspetti. In primis, la domanda centrale non poteva che essere rivolta alle emozioni provate dopo il massacro di Bucha:

“Le parole non potranno mai esprimere l’orrore che abbiamo vissuto. Le persone comuni sono diventate il bersaglio: c’è chi è stato giustiziato con un colpo di pistola, chi è stato torturato, chi è stato gettato a terra con le mani legate. Diverse donne, alcune poco più che bambine, sono state stuprate. Abbiamo provato un forte senso di impotenza, anche se nessuno di noi si è mai arreso. A Bucha siamo rimasti in tremila durante l’occupazione e la cosa più frustrante è stata non poter aiutare chi era stato catturato”

Il sindaco di Bucha verso Firenze: “Sta diventando la terza guerra mondiale”

Oltre ogni dolore e sofferenza per il massacro di Bucha, il sindaco Federuk  ha voluto anche evidenziare l’entità del conflitto bellico a livello mondiale. Ecco le sue parole:

“Questa guerra non è tra la Russia e l’Ucraina, ma sta veramente diventando la terza guerra mondiale. È già dentro l’Europa, non si fermeranno se non facciamo qualcosa. Il messaggio deve essere chiaro, se Putin non viene bloccato arriverà a Lisbona, e poi anche in Italia. Dobbiamo assolutamente fermare questa guerra. Ora è il momento di essere forti, di resistere, di iniziare a pensare anche alla ricostruzione del nostro Paese. È il momento di un vero e proprio investimento nella democrazia e, senza il supporto dell’Italia e dell’Europa, non possiamo farcela”

Sulla volontà da parte dell’Ucraina di voler entrare nell’Unione Europea, il sindaco di Bucha non ha dubbi:

“L’Ucraina ha deciso di essere Europa anni fa, da quando ha smesso di far parte dell’Unione Sovietica. Tanti Paesi hanno pagato caro il prezzo della libertà e ora noi stiamo soffrendo la stessa tragedia, con devastazione e perdite enormi. Tuttavia possiamo già dirci europei, non per posizione geografica ma perché lo siamo nell’anima”