La necessità di una indipendenza energetica italiana passa per i rigassificatori. La guerra in Ucraina, con le conseguenti sanzioni e l’embargo confermato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, costringono l’esecutivo ad accelerare sul come fare a meno dei 29 miliardi di metri cubi di gas che ogni anno provengono dalla Federazione Russa.
Cosa sono i rigassificatori
La funzione dei rigassificatori è riportare allo stato gassoso il gas naturale dopo il trasporto in loco: le navi adibite a questo tipo di trasporto infatti lo convertono in gas liquido per ridurne il volume. Una volta che la nave è giunta nei pressi dell’impianto, viene collegata al rigassificatore, con il gas liquido che viene riposto in un serbatoio di stoccaggio. Va anche sottolineato come un impianto del genere può essere costruito sulla costa (onshore) o al largo, in pieno mare (offshore). Il processo può avere luogo anche su specifiche navi adibite allo scopo denominate Fsru (Floating Storage and Regasification Unit, unità galleggiante per lo stivaggio e la rigassificazione, ndr).
La situazione italiana
Il nostro Paese per proseguire senza intoppi la strada che porterà a fare a meno del gas russo, dovrà costruire degli impianti di rigassificazione. Lunedì il governo ha approvato nuove misure per accelerare le procedure di autorizzazione per la costruzione di nuovi impianti. L’Italia ha già tre rigassificatori, a La Spezia (onshore, in zona Panigaglia) e Rovigo (GNL Adriatico, impianto offshore al largo di Porto Viro) oltre a una nave Fsru ancorata in mare aperto fra Livorno e Pisa. Già autorizzati, da tempo, due plessi: uno a Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, e l’altro a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento. Altri due dovrebbero arrivare in Sardegna, come confermato dal Dpcm “Sardegna” approvato lo scorso 31 marzo: qui però gli impianti farebbero spazio a due navi metaniere, una ancorata stabilmente nel porto di Portovesme (in provincia di Carbonia-Iglesias) e l’altra a Porto Torres (Sassari). Il governo, tramite Snam (la società che gestisce i gasdotti italiani) vorrebbe arrivare ad altre tre, da destinare nei porti di Ravenna, Taranto e Piombino, come ha confermato in conferenza stampa il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani.