Riforma giustizia? I magistrati scioperano. Ogni volta che i governi provano a mettere mano alla giustizia italiana, arriva la pronta reazione della magistratura. Legittima ovviamente, hanno le loro ragioni sicuramente, ma ci chiediamo quando sarà possibile intervenire serenamente su un tema così importante.
Riforma giustizia? I magistrati scioperano
Quello che accadrà per certo, è che si terrà il prossimo 16 maggio, lo sciopero dei magistrati contro la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm. Lo ha deciso la Giunta dell’Anm. La Giunta del sindacato delle toghe ha così dato azione a quanto deciso dall’assemblea generale dell’Anm con la mozione approvata sabato scorso. La decisione comporta “un’astensione totale”, salvi i “limiti derivanti dal codice di autoregolamentazione”, riguardanti i servizi essenziali, cioè la trattazione dei procedimenti urgenti.
Gli obiettivi dello sciopero
Il sostituto procuratore di Catanzaro, Veronica Calcagno, esponente dell’Associazione Nazionale Magistrati, ha spiegato le ragioni di questo stato di agitazione ai microfoni del Tgr nazionale: “Con lo sciopero intendiamo raggiungere due obiettivi: da un lato poter interloquire con il ministro sulla riforma dell’ordinamento giudiziario ed essere ascoltati, e dall’altro lato far comprendere ai cittadini gli effetti negativi di questa riforma”.
La riforma è contro il diritto alla giustizia
“Per noi – ha aggiunto Calcagno – questa riforma è negativa perché incide negativamente sul diritto alla giustizia. Ci sono alcune previsioni, all’interno della riforma, che tendono a uniformare i magistrati, che rischiano di essere addomesticasti da questa riforma, nel senso che il magistrato sarà valutato positivamente solo se si adeguerà alle decisioni prese precedentemente da giudici superiori”.
La scure dell’improcedibilità
Il Sostituto Procuratore si è poi soffermato su quella che lei definisce “la scure della improcedibilità, che si traduce in una denegata giustizia. Che cosa accade? Se un processo, anche per fatti gravi o per fatti il cui accertamento è molto complesso, non si conclude entro i due anni dall’inizio del processo di appello, l’azione penale diventa improcedibile. E ciò – ha proseguito il magistrato – si traduce chiaramente sia nella mancata giustizia, nel mancato accertamento dei fatti, sia nel diniego di giustizia per la persona offesa”.