Il quotidiano Repubblica riporta i dati Istat in collaborazione con l’istituto di ricerca Svimez circa il fenomeno della povertà in Italia. Dall’analisi emerge un quadro tutt’altro che confortante, soprattutto se paragonato all’Europa. In cifre assolute si parla di tre milioni di persone che non riescono a vivere dignitosamente, nonostante abbiano un impiego. Una situazione particolarmente aggravata dal biennio pandemico (+400mila).
All’interno della categoria “lavoratori poveri” rientrano tutti gli occupati che percepiscono un reddito inferiore a 11.500 euro. In termini percentuali si tratta del 12% della forza lavoro totale italiana, peggio fanno solamente Romania, Spagna e Lussemburgo.
Temi ripresi anche dai sindacati nel giorno della Festa dei Lavoratori:
“Non si può essere poveri pur lavorando, è ora di mettere più soldi in tasca ai lavoratori. Oggi purtroppo non è una giornata di festa, ma di denuncia e di riflessione nella quale ricordare che c’è un problema di precarietà del lavoro“.
?”Il lavoro si batte per la pace, per questo diciamo no alla guerra, no al riarmo, e diciamo sì al lavoro, agli investimenti, alla libertà, alla democrazia.
Buon #PrimoMaggio a tutte e a tutti!”
Così #MaurizioLandini #Cgil chiude il suo intervento da Assisi#1maggio pic.twitter.com/JtM5VV8fsk— CGIL Nazionale (@cgilnazionale) May 1, 2022
Povertà in Italia, il confronto con l’Europa
I dati sulla povertà fanno riferimento anche al lungo termine e qui, il divario con il resto d’Europa, è lampante. Sul fronte degli stipendi, negli ultimi quindici anni la media europea registra +22%, il Belpaese si ferma a +3%. Principale responsabile la situazione lavorativa fortemente instabile, basata sul precariato e su contratti al minimo imposti dai datori di lavoro.
I più giovani sono coloro che pagano il prezzo più alto. Circa il 50% dei lavoratori trentenni nel nostro Paese percepisce una retribuzione tra 8 e 16 mila euro all’anno. Cifre che rendono impossibile una qualsiasi progettualità. Poco più in alto di loro c’è un altro 20% appena sopra la soglia di sopravvivenza, con un reddito pari a 22 mila euro l’anno. Una fascia demografica che rende difficoltoso pensare a un miglioramento.
Passando alle differenze territoriali in Italia, al Sud si guadagna 25% in meno rispetto alla media del paese mentre le donne percepiscono in media il 27% in meno degli uomini. Nel Mezzogiorno si registra anche una grave crisi occupazionale, con tassi compresi tra il 40% e il 45% (contro la media europea del 68%).