Roma 27 aprile. Si svolgerà oggi il seminario “La solidarietà europea come garanzia per la sicurezza collettiva”, a cura della prof.ssa Michela Luzi, presso l’Università Niccolò Cusano. Un ciclo di incontri inerenti “La necessità di un approccio di ampio respiro del principio di solidarietà nell’era covid verso un’importante integrazione socio-giuridica europea”, organizzato dalla professoressa Claudia Carchidi. Di seguito un breve excursus.
Sicurezza collettiva, libertà individuali e solidarietà europea
L’elemento connettivo tra sicurezza collettiva e libertà individuali è la solidarietà. Una solidarietà intesa come l’interfaccia in grado di coniugare e contemperare questi due diritti fondamentali e riconosciuta come l’elemento che può garantire la cooperazione, l’integrazione sociale e l’ordine collettivo, soprattutto, grazie all’azione del sostegno reciproco tra persone che appartengono ad una medesima collettività. La solidarietà assume, quindi, la valenza di forza aggregatrice, ma necessita di lealtà e fiducia. Ma, affinché si possa generare un sentimento di solidarietà all’interno di un gruppo sociale, è indispensabile che si radichi un’identità collettiva.
L’Unione Europea è stata istituita con l’intento di intensificare la solidarietà tra i popoli che la partecipano, rispettandone la storia, la cultura e le tradizioni, ma i fatti mostrano che non è riuscita nell’intento di creare un’identità europea.
Unione Europea
La situazione si sta ulteriormente complicando a causa della guerra in atto, che scatenata dopo due anni di pandemia, non solo cambia il mondo, ma sta cambiando tutto anche all’interno della stessa Unione, sul piano delle strategie geopolitiche, sulle dinamiche delle alleanze, sulle strategie industriali, economiche e sociali. Le conseguenze saranno profonde, imprevedibili e probabilmente stravolgeranno anche il riassetto delle relazioni tra gli stessi Paesi dell’Unione.
Alle conseguenze economiche si aggiungeranno le conseguenze sociali e culturali; non solo per l’impoverimento che si accompagna ad ogni guerra, ma anche per il deterioramento delle relazioni tra le persone, già provate da due anni di pandemia, per la crescita dei sentimenti di sfiducia diffusa, per la deprivazione delle aspettative di un futuro di progresso. Sul piano culturale si sta attuando lo sdoganamento delle narrative guerrafondaie, il linguaggio intriso di retoriche fondate sul noi contro loro, la semplificazione con cui si generalizzano e confondono i giudizi sul governo russo e su Putin (che sono i veri aggressori) e sul popolo russo, la sua cultura e la sua storia.
L’Europa potrebbe e dovrebbe fare qualche sforzo in più. Spendere le sue energie per individuare quelle basi solidaristiche e culturali favorevoli a politiche di inclusione e di integrazione di tutti i cittadini. Autonomia, uguaglianza e diversità sono valori concettuali che non dovranno mancare in una politica culturale che voglia contribuire ai processi di trasformazione sociale necessari in pieno cambio epocale. L’Unione Europea dovrà mostrarsi capace di solidarietà, reale e concreta, sia cognitivamente che a livello pratico-politico, perché questo potrebbe darle una prospettiva futura, riuscendo a farla riavvicinare, o avvicinare, finalmente, ai cittadini.
Contributo a cura della Prof.ssa Michela Luzi