Scuola, quella italiana è la più stressante del mondo
Provate a vivere quasi 3 anni di scuola a singhiozzo, con lezioni frontali ad intermittenza, didattica a distanza quanto basta e regole che cambiano ad ogni soffio di vento. Aggiungete un carico di compiti a casa che non ha paragoni sostenibili a livello europeo, un monte di ore studio settimanali senza eguali e l’assenza praticamente totale di pause adeguate. Non ne può che uscire un quadro drammatico, che tratteggia la vita scolastica dei nostri ragazzi come la più stressante del mondo.
Scuola, un sistema logorante
Un sistema scolastico particolarmente logorante quello italiano e a farne le spese sono studenti e studentesse, chiamati a pagare un prezzo altissimo in fatto di benessere fisico e psicologico. Sarebbe ingiusto, nel portare avanti questo tipo di valutazione, non considerare quanto abbia complicato le cose l’emergenza sanitaria degli ultimi anni ma sarebbe altrettanto superficiale individuare nella pandemia l’inizio di tutti i problemi della scuola.
Per non rischiare di essere precipitosi e pressappochisti, facciamo riferimento allo studio realizzato da WeWorld, organizzazione italiana indipendente impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne, bambine e bambini in 25 Paesi, dal titolo “Facciamo scuola – L’educazione in Italia ai tempi del Covid-19”.
I risultati del Report
Il rapporto circoscrive con precisione la situazione del sistema educativo italiano e le sue ripercussioni sul benessere educativo, fisico e psicologico di ragazze e ragazzi, oltre a proporre tre azioni concrete per cambiare il sistema scolastico e renderlo più aderente alle esigenze educative e formative degli studenti. Se nel nostro Paese più del 50% degli intervistati dichiara di studiare in uno stato di nervosismo costante, a livello Ocse la media scende al 37%.
Il nervosismo e il malessere producono scarso interesse per la scuola e cattive performance tra i banchi, favorendo disagio psicologico e dispersione scolastica. Nel 2020 i Neet, giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni che non lavorano né studiano, hanno raggiunto il 20,7%. Una situazione già presente da diversi anni, ma ulteriormente aggravata dalla pandemia.
In quest’ottica l’emergenza sanitaria ha agito come acceleratore di disuguaglianze già radicate e presenti nel sistema educativo italiano, oltre a rappresentare l’elemento che ha elevato il tasso di povertà educativa, strettamente intrecciata a quella economica. Questo corto circuito si verifica e si ripete per generazioni, bloccando la mobilità sociale e la possibilità di migliaia di bambini di affrancarsi da situazioni di marginalità educativa e sociale.