Romain Bardet torna a parlare del terribile incidente alla Liegi-Bastogne-Liegi, che ha lo ha visto coinvolto insieme a molti altri corridori. Per la prima rivolta rivela il panico per Alaphilippe: “Vedo Julian, vedo che sta davvero male. Riesce a malapena a respirare, non parla e non si muove. Ho avuto come l’impressione che fossi l’unico lì a vedere che stava soffrendo e che la gara stesse continuando senza badare a lui. Ho avuto paura che rimanesse lì, tutto solo, per sempre”.
Una frase che fa gelare il sangue, e Bardet continua. “Temevo il peggio. Temevo che le sue vertebre fossero compromesse, che non potesse più camminare”.
I postumi sono sia mentali che fisici: due costole rotte, scapola fratturata, pneumotorace col rischio di stagione finita.
In un’intervista all’Esquipe Bardet aveva sottolineato i rischi che i ciclisti assumono in gara, rischi che si possono trasformare in cadute disastrose come quelle della Liegi-Bastogne-Liegi, tiene a sottolineare che in alcuni casi non deve esistere competizione.
“Faccio ancora fatica a parlare di quanto accaduto ieri, sull’angoscia vissuta per quei corpi contusi dopo la caduta. Penso a Julian, ma anche a tutti quei ragazzi rimasti coinvolti che si sono visti passare davanti la loro vita, quando a più di 70 chilometri orari il fruscio del gruppo ha lasciato spazio al caos, al rumore di materiali che esplodevano, alle grida umane che si innalzavano“.
Ma i ricordi di Bardet proseguono a dopo la caduta: “Torno in strada e per poco non vengo colpito da un direttore sportivo in ammiraglia completamente pazzo che voleva tornare davanti nel gruppo. Sembrano prendere quella caduta come un normale momento di corsa, come se la competizione avesse comunque precedenza sul resto”.