E.T. L’extraterrestre è una delle favole cinematografiche più famose e amate di tutti i tempi. Come tutte le fiabe, anche quella di fantascienza diretta da Steven Spielberg nel 1982 contiene riflessioni e insegnamenti sulle esperienze della nostra vita quotidiana. In particolare, proprio il regista ha recentemente raccontato come la storia del piccolo alieno E.T. e dei suoi amici terrestri che cercano di riportarlo a casa, facesse i conti con la sua esperienza personale legata al divorzio dei suoi genitori.
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E.T. L’extraterrestre racconta il senso di responsabilità che nasce nei bambini durante un divorzio
Quest’anno segna il 40mo anniversario dell’arrivo nei cinema di E.T. L’extraterrestre.
Il regista Steven Spielberg ha avuto l’opportunità di festeggiare il film in occasione della serata di apertura del Turner Classic Movies Film Festival a Los Angeles. Spielberg ha spiegato che all’epoca era sua intenzione girare un film che raccontasse il divorzio dei suoi genitori e la reazione sua e delle sue sorelle a quel dramma. Solo durante la lavorazione di Incontri ravvicinati del terzo tipo, il regista capì che poteva trasformare quel film semi-autobiografico in qualcos’altro.
“Capii che potevo trasformare quel dramma familiare in una storia incentrata su dei ragazzini e una famiglia impegnati a colmare un vuoto enorme con uno sforzo di grande responsabilità.
Un divorzio crea sempre un profondo senso di responsabilità. Specialmente tra fratelli o sorelle, quando si è costretti ad affrontarlo ci si prende molta cura gli uni degli altri. Così pensai: cosa succederebbe se il bambino del film – non avevo ancora sognato di chiamarlo Elliott – diventasse responsabile per la prima volta nella sua vita di un’altra forma di vita, e questo gli servisse a colmare il grande vuoto nel suo cuore? E da lì nacque la storia”.
“Prima di girare quel film non volevo diventare padre”
Spielberg racconterà probabilmente qualche dettaglio in più sulla sua personale elaborazione del divorzio dei suoi genitori, in The Fabelmans, prossimo film esplicitamente autobiografico del regista, dopo il remake del musical West Side Story.
Durante la serata, Spielberg ha anche spiegato come sia stata proprio la lavorazione di E.T. a fargli cambiare idea circa il diventare padre.
“All’epoca non volevo avere figli. Non mi sembrava una cosa che avesse molto senso per me, visto che passavo da un film all’altro. Non mi passava per la testa, finché non lavorai a E.T. perché su quel set ero davvero un genitore. Mi sentivo molto protettivo nei confronti di Henry Thomas e Mike McNaughton e, in particolare, verso Drew Barrymore che aveva solo 6 anni.
Così cominciai a pensare che quella sarebbe potuta essere la mia vita, un giorno. Fu la prima volta che pensai di poter essere un padre. Del resto, in qualche modo, un regista è un papà. O una mamma!”
Per approfondire temi e curiosità legate al cinema, l’appuntamento è con Buio in Sala, il sabato, dalle 18:30 alle 20 su Radio Cusano Campus.