Si attendono notizie da Mariupol circa le condizioni di Ivan Vavassori, il giocatore-soldato di 29 anni con un passato in Serie C. Nato in Russia, Ivan è il figlio adottivo di Pietro Vavassori, storico presidente della Pro Patria, e di Alessandra Sgarella, la donna che la Ndrangheta rapì e rilasciò nel 1998. Il giovane aveva deciso di andare in Ucraina per combattere contro i suoi connazionali, tuttavia le ultime notizie lasciano la famiglia con il fiato sospeso:
“Ci dispiace informarvi che la scorsa notte, durante la ritirata di alcuni feriti in un attacco a Mariupol, due convogli sono stati distrutti dall’esercito russo. In uno di questi c’era forse anche Ivan, insieme col quarto Reggimento. Stiamo provando a capire se ci siano sopravvissuti. Vi informeremo attraverso i profili Instagram e Facebook di Ivan“.
‘Oggi morirò in una missione suicida, solo così comincerò la vera vita’: Ivan #Vavassori, il portiere combattente disperso in Ucraina https://t.co/R5nKq2yGRp pic.twitter.com/OXjFp3FQDs
— calciomercato.com (@cmdotcom) April 25, 2022
Vavassori su Instagram: “Non conta quando ma come muori”
Ivan Vavassori non ha mai nascosto la sua determinazione per partire volontario verso il fronte. Tutti i suoi pensieri a riguardo sono stati puntualmente espressi su Instagram, inclusa l’ultima Stories in cui si annuncia la sua scomparsa.
“Morire vent’anni prima o vent’anni dopo, poco importa. Quel che importa è morire bene. Soltanto allora inizia la vita. Volevate sapere, ora guardate. Vi piace quello che vedete? Perché a me ha fatto vomitare e piangere per giorni. Non siamo eroi o super uomini siamo fottuti soldati. Che devono uccidere o essere uccisi. Siamo carne da macello dentro un gioco politico i cui giocatori sono le vite umane. Vi sentire contenti adesso a vedere cadaveri e morti?”
“Certe decisioni ti trasformano in killer però la guerra non ti permette di poter decidere. Non ho potuto decidere. Però mi sento distrutto. Vedere i miei compagni morire così distrugge e non riesco a dimenticare i loro volti. Fottuta guerra. È un onore difendere questi colori, poter dire di aver aiutato ti rende veramente orgoglioso di te stesso. E lo rifarei“.