Sale a 7 il numero di segnalazioni in Italia di epatite acuta pediatrica. Il più grave riguarda un bambino di 3 anni di Prato, ora ricoverato all’Ospedale Bambin Gesù di Roma e il quadro clinico non esclude un possibile trapianto di fegato.
Continua dunque il fenomeno diffuso in tutto il mondo di epatiti acute che non rientrano nelle cinque categorie (dalla A alla E) attualmente riconosciute. L’alta frequenza delle segnalazioni si concentra in particolare sui bambini più piccoli, fino a 10 anni, ed è proprio il picco sempre crescente a destare le maggiori preoccupazioni.
Gli aggiornamenti sull’epatite pediatrica acuta
L’ondata di epatiti pediatriche acute era iniziata ai primi di aprile tra Scozia e Inghilterra, per allargarsi poi a Danimarca, Olanda e Spagna fino agli Stati Uniti. In totale si parla di circa 100 infezioni, un numero indicativo e probabilmente sottostimato. Gli scienziati e i ricercatori continuano a indagare per individuare le cause di questa forma sconosciuta, la soglia d’allerta è comunque alta. Procede inoltre il lavoro di raccolta di casi sospetti da parte delle autorità competenti, al fine di allargare sempre più la banca dati internazionale.
I sintomi descritti dalle segnalazioni sono perfettamente in linea con i classici quadri clinici dell’epatite: febbre, disturbi gastrointestinali e colorito giallognolo del viso. Gli esperti raccomandano di non cercare correlazioni legate al Covid-19, né per quanto riguarda l’infezione né a proposito del vaccino. La somministrazione della dose in pazienti con malattie molto gravi al fegato non ha infatti presentato controindicazioni. L’Oms studia comunque possibili correlazioni legate alla presenza di tossine.
Il coronavirus può comunque aver influito indirettamente. I continui lockdown hanno favorito un indebolimento delle difese immunitarie, dando campo libero alla formazione dei cosiddetti adenovirus.