Nella mattinata odierna l’Istat ha presentato il nono rapporto Bes (Benessere Equo e Sostenibile), riferito al biennio pandemico. Si tratta di una fotografia dell’Italia rispetto alle dodici variabili del benessere, analizzando le differenze anagrafiche e territoriali. Come ci si poteva aspettare, il quadro è abbastanza desolante e certifica un periodo di estrema sofferenza per milioni di italiani. Tra i dati più incoraggianti spicca l’ottimismo verso il futuro registrato nel 2021, sentimento influenzato da un 2020 che ha lasciato profonde cicatrici.

A commentare i dati sono intervenuti il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, e la direttrice centrale Linda Laura Sabbadini:

Il quadro d’insieme è composito ed è ancora adombrato dalla pandemia. Molti divari si sono mantenuti o addirittura allargati: dalla speranza di vita alla nascita alla mortalità evitabile; dalla spesa dei comuni per la cultura all’impatto degli incendi boschivi e dell’abusivismo“.

Il prolungarsi della pandemia ha creato una criticità prolungata nella formazione per i ragazzi, in particolare per i bambini delle scuole primarie. C’è il rischio concreto di un crescente analfabetismo in questa generazione, bisogna scongiurare una simile emergenza. Al contrario, aumenta la partecipazione civica e politica e cresce in parallelo la formazione sul web da parte dei più giovani e dei più anziani“.

Rapporto Bes Istat, i primati negativi dell’Italia

Tra i dati peggiori da leggere c’è quello relativo al numero di morti per abitanti. Nel 2020 l’Italia ha contato 1.236 decessi per 100mila abitanti, rispetto alla media europea di 1.161 decessi. Un valore in linea con la demografia attuale, visto che siamo il Paese più vecchio d’Europa. Andamento simile nel 2021, con picchi in corrispondenza delle ondate di Covid-19, ma meno marcato rispetto all’Est Europa.

Male anche il capitolo lavorativo. Nel secondo trimestre del 2020 il tasso di occupazione 20-64 anni scende del 3% rispetto a una media continentale di 1,9% e impiega più dell’Europa a tornare ai livelli occupazioni pre-pandemia. A risentirne maggiormente sono i giovani (-3,5%, la media del secondo semestre 2020 rispetto al 2019). I settori che hanno patito maggiormente la crisi sono quelli legati alla cultura: 55mila occupati in meno, con un netto calo del 6,7%. Prosegue al contempo la fuga di cervelli italiani verso l’estero, specialmente nelle aree del Mezzogiorno (21.782 laureati in partenza).

Cresce la povertà e peggiora il benessere mentale

La principale ripercussione della pandemia, che riassume quanto scritto poc’anzi, è la crescita della povertà, soprattutto tra i bambini: 1 milione e 384mila, il 14,4% (+3% sul 2019). Nello specifico, il Nord osserva nel 2021 un parziale recupero (8,2%, -1,1% sul 2020), mentre il Sud continua a registrare aumenti (+196mila unità).

Peggiorano anche le condizioni di benessere mentale nella fascia d’età 14-19 anni. Su una scala in centesimi, l’indice scende a 66,6 per le ragazze (-4,6 punti rispetto al 2020) e a 74,1 per i ragazzi (-2,4 punti rispetto al 2020). In percentuale siamo al 20,9%, una fetta alquanto consistente.