Arrivano le prime conferme circa il possibile sviluppo dell’epatite acuta pediatrica in Italia. Il fenomeno viene monitorato con grande attenzione dalla comunità scientifica ed è ormai diffuso su scala internazionale. I primi casi sospetti arrivano dall’Inghilterra e mostrano una variante particolarmente aggressiva che potrebbe comportare il trapianto. Il ministero della Salute attende aggiornamenti ed è al lavoro per analizzare i dati della banca internazionale.

Epatite pediatrica, 70 casi nel mondo e quattro in Italia

I primi casi di epatite acuta pediatrica risalgono a inizio aprile in Inghilterra e Scozia, tuttavia arrivano a stretto giro segnalazioni dai Paesi limitrofi come Olanda e Danimarca. Anche gli Stati Uniti comunicano nove casi, facendo lievitare il computo totale a 70 pazienti, numero che pare comunque sottostimato. In Italia al momento si registrano quattro casi sospetti, di cui due particolarmente gravi.

A chiarire meglio lo status del fenomeno interviene Giuseppe Indolfi, epatologo e consulente dell’Oms sul tema delle epatiti. Ecco alcuni passaggi della sua intervista a Repubblica:

La settimana scorsa abbiamo avuto un primo allarme su una decina di casi. L’attenzione particolare dei medici è dovuta al fatto che in un caso c’è voluto il trapianto, cosa che dimostra la violenza della patologia. Al momento si può parlare solo di sospetto per le caratteristiche particolari di questa forma di epatite. Il problema è che non si riesce a stabilire quale sia l’agente patogeno che le provoca, un marcatore che permetta di classificarla. Si va quindi per esclusione“.

Indolfi spiega il modus operandi dell’Europa e le possibili relazioni con il coronavirus:

A livello europeo siamo partiti con un’indagine su larga scala insieme agli infettivologi, attendiamo i risultati in una settimana. Dobbiamo confrontare il numero di casi degli ultimi quattro mesi con quelli degli anni precedenti, per capire se l’incidenza è maggiore. Questo già sarebbe un punto di partenza interessante ma al contempo un problema“.

Da sempre ci sono delle malattie del fegato provocate da virus che non vengono spiegate con le cause già note. Se guardiamo ai primi pazienti sappiamo che alcuni avevano il Covid, ma in questo momento la circolazione del coronavirus è altissima. La metà dei casi, inoltre, avevano l’adenovirus, che è molto diffuso e che difficilmente provoca forme di malattia violente come questo tipo di epatite“.