Tra qualche giorno celebreremo la Liberazione e di nuovo esploderà la polemica sul manifesto dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, dove accanto alla frase mutilata sull’Italia che ripudia la guerra c’è il tricolore che sventola alle finestre ma di italiano ha solo il colore visto che la disposizione delle bande, orizzontali anziché verticali, lo associa alle bandiere ungheresi.
L’errore grave da molti è stato declassato a gaffe. Peccato. Sono cresciuto con il mito del “Piave mormorò” e alle scuole elementari, negli anni Sessanta, ho imparato il significato del “Canto degli italiani”. Me lo hanno insegnato mio nonno Pietro e la maestra Cosma. Mi sono sempre sentito italiano, innamorato della mia Patria e non capivo, da bambino, perchè tanti miei vicini di casa nelle partite di calcio facevano il tifo per le altre nazionali invece che per gli azzurri. Ai mondiali di calcio del ‘66 nelle campagne toscane si parteggiava per l’Urss del mitico portiere Jascin anzichè per i nostri.
Amare la nostra Patria non vuol dire odiare le altre nazioni
Anni dopo è arrivato il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e ha fatto capire a molti scettici che dobbiamo essere fieri di essere italiani, orgogliosamente italiani ma con una avvertenza: patrioti sì, nazionalisti no. Amare la Patria non vuol dire odiare le altre nazioni e chi viene da altre parti del pianeta. Il Tricolore avvolge e rassicura ogni uomo che si trova nello Stivale e, come il filo di un gomitolo infinito, unisce tutti gli uomini sparsi per il mondo.