Fine della corsa per Julian Assange. La Westminster Magistrates’ Court di Londra ha emesso l’ordine formale di estradizione negli Usa per il fondatore di WikiLeaks. L’ultima ancora di salvezza per il prigioniero australiano è un ripensamento del ministro degli Interni Priti Patel, complicato viste le sue posizioni conservatrici. Si attende il semaforo verde entro 28 giorni.

Il 50enne Assange è ricercato dai tribunali americani dopo la pesante accusa di diffusione di documenti riservati sui crimini di guerra in Iraq e Afghanistan risalente al 2010. La violazione dell’Espionage Act, la legge contro lo spionaggio americano, comporterebbe una pena detentiva di 175 anni. Sul caso sono assai presenti anche le organizzazioni umanitarie, che rivendicano il diritto alla libertà di stampa.

La corsa verso la libertà di Assange sta per finire

Dopo dodici anni si appresta a terminare la libertà di Julian Assange come rifugiato politico. Da tre anni è recluso nel carcere Belmarsh, una struttura detentiva destinata ai profili ad alto rischio per la sicurezza nazionale. Su di lui pesano le accuse di violazione della libertà cauzionale per le contestate vicende di stupro in Svezia, poi successivamente archiviate. In precedenza, dopo lo scoppio dell’affaire, ha vissuto per 7 anni nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra come “rifugiato politico”.

Nella sentenza di primo grado il giudice inglese Baraister aveva negato l’estradizione sulla base di una perizia psichiatrica che indicava il rischio di suicidio. A dicembre la Corte d’Appello ha però rovesciato la sentenza e le autorità a stelle e strisce avevano offerto la possibilità di scontare una parte della pena in Australia. Solo un mese fa, il 14 marzo, la Corte Suprema britannica aveva respinto le speranze di sfuggire alle grinfie americane.

Nel mentre, Julian Assange è convolato a nozze lo scorso 23 marzo si è sposato nella prigione di Belmarsh con l’avvocato Stella Morris, la compagna da cui ha avuto due figli durante il periodo di asilo politico.