Durissimo colpo al Clan Moccia, con un maxi blitz dei carabinieri che ha portato alla notifica di 57 misure cautelari che erano state emesse dal gip il 9 aprile. Dei 57 indagati, sono 36 quelli finiti in carcere e 16 quelli ai domiciliari. Ai restanti 5 è stato invece impedito temporaneamente di esercitare attività d’impresa.

57 indagati dai Carabinieri: i principali nomi

I Carabinieri del Ros, al termine delle indagini coordinate dalla Procura di Napoli, hanno colpito duramente il Clan Moccia, notificando 57 misure cautelari.

Tra gli arrestati spicca anche il nome di Andrea Guido, consigliere comunale a Lecce, per Fratelli d’Italia. Il consigliere è stato arrestato per corruzione, reato commesso quando ricopriva il ruolo di assessore all’ambiente della Giunta Comunale, nel 2017.

Insieme a lui anche Pasquale Finocchio, che nello stesso anno avrebbe fatto da mediatore tra imprenditori, sfruttando il suo ruolo istituzionale. Tramite i suoi legali però, ha dichiarato all’Ansa di considerarsi estraneo ai fatti.

Gli inquirenti, coordinati da Giovanni Melillo, hanno stilato una lista dei reati contestati, come: associazione mafiosa, estorsione, impiego di denaro, autoriciclaggio, fittizia intestazione di beni, corruzione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, ricettazione e favoreggiamento.

Da chi è formato il Clan Moccia?

Parliamo di uno dei clan più antichi della Camorra, che nell’ultima guerra tra clan avrebbe preso il posto del Clan Magliulo. I Moccia operano nei comuni di Calvano, Arzano, Casoria, Afragola e nella zona Nord di Napoli ma, secondo gli inquirenti, sarebbero presenti anche nel Lazio.

Il fondatore del Clan è Gennaro Moccia, che venne ucciso nel 1974 da alcuni membri di clan rivali, passando così il potere ad Anna Mazza. È stata lei la prima donna nel nostro paese ad essere processata per reati di mafia.

Dopo la scomparsa di Anna Mazza nel 2017, il controllo del clan sarebbe passato ad Angelo, Luigi, Antonio e Filippo Lazzetta, marito di Teresa Moccia. I quattro uomini si spartiscono il potere in base ai periodi in carcere, o di latitanza, che sono “costretti” a vivere.