Secondo un’informativa dei carabinieri del Cos, è emerso che Uhsam Helmi, uno dei quattro imputati per l’omicidio di Giulio Regeni, potrebbe essere stato promosso al grado di “Generale di brigata”.

Nel frattempo il processo in Italia è stato rinviato al 10 ottobre.

Una notizia che, se confermata, complicherebbe ancora di più il rapporto tra Italia ed Egitto. Un ennesimo nulla di fatto sulla richiesta di collaborazione sul caso di Giulio Regeni. Il ricercatore italiano, prima rapito poi torturato e ucciso in Egitto nel 2016, è al centro di un caso internazionale in cui l’Italia fatica a trovare risposte certe dalle autorità egiziane.

Le prove sulla promozione di Uhsam Helmi

Secondo gli investigatori italiane, sarebbero presenti sul web alcune foto che ritraggono Uhsam Helmi con una “giubba bianca, un’uniforme militare alla quale sono apposti i gradi di Generale di Brigata”.

In particolare sembra che l’uomo sia impiegato nel controllo dei passaporti e dell’immigrazione. Un lavoro che sembra comprendere relazioni con la Suez Canal Authority. Queste notizie arrivano dagli investigatori, che sono risaliti ad alcuni account sui social network riconducibili ad Helmi.

La situazione degli altri tre imputati

Gli investigatori italiani stanno lavorando anche sulla situazione degli altri imputati. Partendo dal più alto in grado, il generale Tariq Sabir. Sembra che attualmente sia in servizio presso il Dipartimento degli Affari Civili del Ministero dell’Interno, incaricato della supervisione delle carte di identità dei cittadini egiziani.

Il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif invece, sembra stia lavorando con la Direzione della Sicurezza Nazionale, ma le informazioni non sono ancora certe.
Per ultimo invece c’è Athar Kamal, ormai in pensione.

Le indagini del Ros continuano

Le indagini del Ros stanno andando avanti, e attualmente gli investigatori si sono focalizzati sugli account social dei quattro imputati. Sembra infatti ci possa essere la possibilità di ottenere una collaborazione diretta con Facebook e Google.
Potrebbe però arrivare la necessità di un accordo con le autorità egiziane, che fino ad oggi hanno rifiutato quasi ogni richiesta di collaborazione, dato che un tentativo simile fu fatto già nel 2016, senza alcun risultato.