La guerra in Ucraina sta avendo risvolti sull’economia mondiale: come denuncia la FAO i prezzi dei beni alimentari sono schizzati alle stelle rispetto al mese scorso, con un incremento del +12,6%. Gli alimenti più colpiti da questi rincari sono il grano, gli oli vegetali e carne.
FAO: “Prezzi alimentari più alti di sempre”
Lo studio della FAO sull’aumento dei prezzi dei beni alimentari ha dimostrato che questo è l’incremento più alto nella loro storia. L’indice di prezzo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione – nato nel 1990 – non aveva mai registrato un tasso così alto in un mese: i motivi, secondo gli esperti, sono gli shock sui mercati di grano e oli provocati dal conflitto tra Russia e Ucraina.
Coldiretti avverte che questa emergenza avrà un risvolto anche sul settore agricolo nazionale, come spiega il presidente Ettore Prandini:
“L’emergenza sta innescando un nuovo cortocircuito sul fronte delle materie prime anche nel settore agricolo nazionale che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese fortemente deficitario in alcuni settori: bisogna invertire la tendenza ed investire per rendere il Paese più possibile autosufficiente per le risorse alimentari. Nell’immediato occorre salvare aziende e stalle dalla crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane”
Dal grano alla carne, i prodotti alimentari con prezzi alle stelle
Nel rapporto della FAO si vede come il prezzo del grano, rispetto al mese scorso, abbia avuto un incremento del 19,7%, seguito da mais, grano e orzo con 19,1%. Sale anche il prezzo della carne con un +4,8%, ma l’impennata più alta la registra il mercato degli oli vegetali con un incremento del +23,2%.
L’aumento dei prezzi alimentari segnalato dalla FAO colpisce anche lo zucchero (+6,7%) e i prodotti caseari aumentati del 2,6%, un dato che ha portato all’incremento dell’utilizzo di latte in polvere. Sale anche il prezzo del pollame che, oltre alla guerra in Ucraina, paga anche la presenza di focolai di influenza aviaria in alcuni dei principali Paesi esportatori.
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