L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, abbreviata a livello internazionale con l’acronimo FAO, lancia l’allarme sui prezzi dei beni alimentari. A marzo, su scala mondiale, è stato registrato un aumento significativo che ha portata allo quota record assoluta. La principale motivazione dell’impennata è legata al conflitto nella regione del Mar Nero, che ha profondamente segnato le colture di base. 

Una problematica sensibile per l’Occidente ma anche una seria minaccia al contrasto alla povertà alimentare. L’Africa in particolare ha registrato il peggior accesso al cibo degli ultimi dieci anni.

La Fao annuncia il record storico sui prezzi alimentari

L’indicatore sovrano del Fao si chiama “Global food price index” (FFPI), ovvero l’indice globale dei prezzi dei beni alimentari. A marzo segna un netto +12,6% rispetto al mese precedente il quale, a sua volta, aveva ritoccato i massimi mai registrati sin dalla sua introduzione nel 1990. Ora il FFPI si attesta a 159.1 punti.

Il comparto dei cereali registra un sensibile rincaro (+17,1%), trainato dall’aumento del grano e del mais. Il primo, di cui l’Ucraina è tra i principali esportatori mondiali, sale del 19.7% anche a causa delle nefaste previsioni di raccolta negli USA. Simile l’andamento del mais (+19,1%), cresciuto per motivi sostanzialmente analoghi.

Ancor più inclinato il grafico ascendente dell’olio vegetale, un balzo mensile del 23,2%. Anche qui il fattore Ucraina incide sensibilmente, soprattutto nella filiera dell’olio di girasole. Preoccupazioni per le quantità prodotte in Sudamerica limitatamente all’olio di soia.

Salgono anche latte, carne e zucchero

L’Indice certifica un+2,6% dei prezzi del settore lattiero-caseario, rialzo parecchio sensibile su base annua (+23,6%). Le ragioni risiedono nella forte richiesta di import per consegne a breve e lungo termine dall’Asia, visto che l’Europa occidentale non riesce a soddisfare la domanda interna. A subire maggiormente i rincari sono burro e latte in polvere.

Cresce del 4,8% la carne, di cui l’Europa occidentale manifesta grande carenza. Suino e pollame latitano e incidono anche le frequenti epidemie legate all’influenza aviaria. Infine, completa la lista dei rincari lo zucchero (+6,7%), dovuto alla forza monetaria del dollaro brasiliano su quello statunitense.