La Pastiera Napoletana è uno dei tanti dolci tipici pasquali le cui origini sono legate a miti e leggende
La Pastiera Napoletana, dolce tipico del periodo pasquale, ha origini antiche e che risalgono all’era pagana. Per i napoletani è la torta di tutte le torte perché è simbolo di accoglienza e di integrazione. Il grano e la ricotta sono italiani, il cedro è libanese, la vaniglia messicana, la cannella srilankese, e infine l’acqua Millefiori e gli agrumi della costiera amalfitana. Ma vediamo ora quali sono le storie che ruotano intorno a questo dolce.
La Pastiera e la leggenda di Partenope
Secondo la leggenda, per ringraziare la sirena Partenope che aveva scelto il Golfo di Napoli come sua dimora, i partenopei incaricarono sette tra le più belle ragazze del villaggio di portarle in dono sette regali. La farina, che simboleggia la ricchezza e la fecondità; la ricotta, simbolo di abbondanza; le uova, simbolo di fertilità; il grano cotto nel latte, simbolo della fusione del regno animale e vegetale. Poi ancora i fiori d’arancio, simbolo del profumo della terra campana; le spezie, omaggio di tutti i popoli; e lo zucchero, per celebrare la soavità del canto della sirena.
Partenope gradì così tanto quei doni che decise di mescolarli tra loro per creare un dolce magnifico: la Pastiera. Secondo una seconda leggenda, invece, la Pastiera deriva dal rito di Primavera celebrato dalle sacerdotesse di Cerere (Dea della Terra e della Fertilità), durante il quale venivano portate in processione le uova, simbolo della vita nascente poi diventato “Rinascita” e Resurrezione con la religione cristiana. Il grano o il farro, misto alla crema di ricotta, ingredienti che probabilmente derivano dal pane di farro delle nozze romane.
La Pastiera e il Convento di S. Gregorio Armeno
Stando invece ad altre fonti, la Pastiera sarebbe nata molto più tardi, nel XVI secolo, in un convento, quello di San Gregorio Armeno, nella tipica strada dei pastori. Ad inventare la ricetta pare sia stata una delle suore benedettine del Convento che volle creare un dolce che potesse unire insieme alcuni degli ingredienti più simbolici del periodo pasquale.
Partendo dalle uova, che rappresentano la nascita a vita eterna dell’uomo attraverso la morte e la Resurrezione Cristo. Questo dolce realizzato dalle suore del monastero, che lo preparavano in grandi quantità durante la settimana Santa per offrirlo poi ai signori della ricca borghesia napoletana, iniziò a diffondersi fino ad entrare come dolce tipico della tradizione culinaria partenopea come simbolo della Pasqua.
La Pastiera e la “Regina che non sorride mai”
Sempre sulle origini della Pastiera, si racconta anche la storia di Maria Teresa D’Austria, moglie del Re Ferdinando II di Borbone, soprannominata “la regina che non ride mai”.
Pare che dopo aver assaggiato una fetta di pastiera, al primo assaggio, la tristezza della regina svanì e comparve sul suo viso un meraviglioso sorriso, che colpì a tal punto il sovrano che esclamò: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo“.
Da qui deriverebbe anche il famoso detto napoletano “E mammamì, magnatell’ na risat!”.
Il significato della rete di pastafrolla
Secondo alcune fonti, sembrerebbe che la rete di pastafrolla che ricopre la Pastiera sia legata alle vite marinai. Le mogli, per implorare il mare di riportare i propri mariti a casa dalle lunghe battute di pesca, gli offrirono doni della natura come uova, ricotta, farina… Che ricoprirono con una rete da pescatore. Durante la notte il mare mescolò tra loro gli ingredienti dando vita a questo dolce con una rete di pastafrolla che lo copriva.
Secondo un’altra storia invece, la rete della Pastiera, che peraltro ha un ruolo funzionale perché impedisce che l’impasto durante la cottura cresca troppo, simboleggia la pianta di fondazione della città di Napoli. Le strisce in un lato e le altre 3 in un altro, sarebbero l’immagine delle strade del centro antico della città, famosa per la sua tipica forma reticolare.