Sono giorni caldi per le Borse mondiali e il conflitto rublo/dollaro manda i listini in profondo rosso. Stando a quanto appreso da Bloomberg, che riporta una nota del ministero delle Finanze di Mosca, la Russia ha pagato in rubli, e non in dollari, le cedole da 650 milioni di dollari su due dei suoi eurobond con scadenza 2022 e 2042. Il ministero del Tesoro russo considera l’operazione pienamente rispettata, poiché una banca estera ha rifiutato di eseguire il pagamento delle cedole e il rimborso del valore nominale in dollari. L’unica alternativa, pertanto, consisteva nell’utilizzo della valuta locale, ma ciò significa anche vedere lo spettro del default.
“A causa delle azioni ostili del Tesoro degli Stati Uniti, al fine di adempiere agli obblighi di debito statale della Federazione Russa sui suddetti titoli e per proteggere gli interessi dei proprietari di questi titoli, il Ministero delle finanze russo coinvolse un istituto finanziario russo per effettuare i pagamenti necessari“.
La Russia ha pagato in rubli una cedola da 594,82 milioni di euro di un eurobond in scadenza. #ANSA https://t.co/RBPQjH1ExB
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) April 6, 2022
Pagamento eurobond in rubli, rischio default per Mosca
La notizia del pagamento dell’eurobond in rubli rimbalza immediatamente, poiché l’incubo default per la Russia si fa ora più concreto. Lo attestano le principali agenzie di rating a partire da Fitch e Moody’s. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, apre una possibilità verso il baratro:
“La Russia dispone di tutte le risorse necessarie per ripagare il proprio debito. Come noto, una gran parte delle riserve sono ferme all’estero, quindi, se il blocco continua e le operazioni effettuate con valuta congelata vengono bloccate, le cedole potrebbero essere pagate in rubli. Anche se è impossibile teoricamente si potrebbero proclamare alcune situazioni di insolvenza, naturalmente, ma sarebbero situazioni di default artificiali”.
Al centro del dibattito ci sarebbe una contemporaneità di scadenze, ossia il 4 aprile. In questo giorno il maxi-bond da 2 miliardi di dollari di debito pubblico obbliga Mosca al riacquisto. Al tempo stesso gli Stati Uniti annunciano il blocco dell’operatività dei conti russi presso le banche nazionali. Tra queste figura Jp Morgan, finora incaricata di trasferire i pagamenti degli interessi sui bond russi ai creditori esteri.
Scatta dunque il periodo di grazia della durata di 30 giorni prima della dichiarazione ufficiale di bancarotta. Nel caso dello scenario peggiore si tratterebbe della terza recessione nella storia sovietica, dopo quelle del 1918 e del 1998.