Tra Pandemia, nuovi flussi migratori e ripercussioni della guerra in Ucraina, i Balcani occidentali sono al centro di nuove emergenze e nuove forme di instabilità. La debolezza delle loro istituzioni e la loro vulnerabilità economica e sociale si sono accentuate e il processo di allargamento dell’Unione Europea in questa area è in fase di regresso rispetto agli anni precedenti e a farne le spese è soprattutto la speranza nei Paesi della regione di avvicinarsi agli standard di vita occidentali.
La palpabile assenza dell’Europa ha ricevuto nella gestione della pandemia un’altra concreta dimostrazione, alla luce del coinvolgimento di altri attori internazionali nella battaglia contro il virus. L’UE deve ritrovare invece una nuova strategia geopolitica nei Balcani occidentali per rilanciare un generale processo di riforma e affrontare i problemi strutturali che causano il ristagno della democrazia in società segnate dalla prevalenza di élites ristrette e da nuove derive nazionaliste.
Una sfida che deve portare un’Europa distratta a reinventare la credibilità della politica di allargamento e il suo sostegno allo stato di diritto, al dialogo civile, al pluralismo e alla giustizia sociale. Una nuova agenda da riformulare, oltre il pur positivo flusso di beni, servizi e miliardi di euro stanziati nel quadro del Processo di Berlino, avviato nel 2014 come cooperazione intergovernativa per sviluppare infrastrutture e investimenti nell’area balcanica.
Una strategia europea unitaria è frenata anche dal protagonismo di attori esterni che finiscono inevitabilmente per perseguire interessi economici particolari. E’ necessario invece che l’UE torni ad agire unitariamente sulla riforma delle leaderships, contribuendo a sradicare in primo luogo la diffusa corruzione politica. E una diversa governance la si ottiene intensificando il miglioramento dei settori produttivi locali e promuovendo più decisamente nelle società politiche e civili dell’area il rispetto per le norme fondamentali del vivere democratico che storicamente l’UE ha fatto proprie.
Iniziative particolari possono rilanciare l’integrazione europea dei Balcani occidentali. L’Eusair, ad esempio: la Strategia macroregionale adriatico-ionica, nata nel 2014 con 4 membri dell’UE (Italia, Grecia, Slovenia e Croazia) e 5 Paesi balcanici (Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania e Macedonia del Nord…si spera in un domani anche il Kosovo). L’azione si concentra sulle sfide e sulle opportunità comuni di questa macroregione, con un coordinamento di iniziative comuni, con interventi in aree prioritarie (ambiente incluso), con il rafforzamento della capacità amministrativa, con una cooperazione transnazionale tra autorità locali e regionali, tra settore privato e pubblico. E’ importante questo approccio, perché va oltre la divisione tra “Europa” e “Balcani occidentali”. Deve essere anche questo del resto l’obiettivo finale della UE.
Docente Unicusano di Relazioni Internazionali e Storia dell’Europa Orientale
In questa lettura odierna del quadro europeo ,soprattutto quello balcanico, del Prof.Caroli rilevo una linea di pensiero molto vicina a quella di uno dei Padri fondatori dell’Europa , Denis de Rougemont. Forse questo momento della storia europea così fragile e pericoloso aiuterà tutti gli europei a collaborare ,mettendo da parte egoismi e ripicche……è in gioco ,a mio parere, la credibilità dell’Europa stessa…