Marcell Jacobs è nato a El Paso, in Texas. Ma di quella vita non ricorda niente. Ricorda solo i viaggi al mare in camper con i nonni: Rosanna e Osvaldo. E poi le corse in motocross di suo zio Giancarlo. Uno zio coraggioso e sfortunato, finito sua una sedia a rotelle dopo un incidente. Però “a Rio 2016 ha vinto la medaglia di bronzo alle Paralimpiadi. Il primo olimpionico in famiglia è stato lui”. Poi è toccato a lui alle Olimpiadi di Tokyo. Ma Marcell è andato avanti vincendo l’oro sui 60 metri ai Mondiali indoor.

E’ un Marcell Jacobs come non l’abbiamo mai visto o sentito quello che si è “rivelato” in un’intervista del Corriere della Sera.

 

Vittorie a confronto

Il velocista azzurro parla della sua ultima impresa, quella che l’ha fatto diventare campione del mondo nei 60m indoor: “È stata la vittoria più difficile. Venivo da un’annata super, in cui mi era andato tutto bene. In molti avevano sollevato mille dubbi: sarà deconcentrato, non avrà più fame… Tanti non conoscono l’atletica, pensano che si possa vincere l’Olimpiade così, con una botta di culo. Dovevo far capire che Tokyo non è stata un caso. È il frutto del lavoro di una squadra, di una vita. Una finale mondiale dei 60 metri indoor è più difficile, e non solo perché alla fine vai a sbattere a 50 all’ora contro un materasso. Avevo contro Christian Coleman: campione del mondo e recordman in carica, che era stato sospeso e quindi doveva riguadagnarsi tutti i contratti. E io ogni anno provo a saltare la stagione indoor, perché sono pigro, ma poi il mio allenatore mi costringe…» 

 

Marcell Jacobs e la sua famiglia

Il difficile rapporto con il padre è stato fulcro dell’intervista. Alla domanda “Le è mancato?” Jacobs ha risposto: “All’inizio sì. Lo subivo. Poi mi sono abituato, e non ci ho pensato più. Dal restarci male sono passato alla mancanza di sentimento: papà non c’è, e basta. Mia madre Viviana ha trovato un nuovo compagno, e nel giro di due anni sono nati i miei fratelli, Niccolò e Jacopo”.

A breve Marcell si sposerà con la compagna Nicole Daza e conferma: “Verrà anche mio padre: ho spezzato la maledizione degli abbandoni. Mio bisnonno ha abbandonato mio nonno, mio nonno ha abbandonato mio padre, mio padre me” – anche il campione italiano ha un figlio con cui non vive – “Toccava a me interrompere la negatività. Anche per questo ho deciso che dovevo prendermi cura di Jeremy, che è nato quando avevo vent’anni, e ne compie sette a dicembre. È vero, l’ho visto poco. Sta in un’altra città, e d’estate quando è in vacanza io gareggio in giro per il mondo. Ma sono suo padre, e per lui ci sarò sempre”.