La WWE ha deciso di celebrare Undertaker inserendolo nella Wall Of Fame. Il più grande riconoscimento possibile, per una leggenda capace di entrare nella storia e nei cuori di milioni di appassionati in tutto il mondo.
Chissè se Mark Calaway, quando esordì sul ring nel lontano 1987, si sarebbe mai aspettato di inanellare una carriera simile. Il texano, oggi 57enne, è in piedi nell’American Airlines Center di Dallas (casa sua) e, con gli occhi lucidi, saluta la folla dopo il ritiro ufficiale nel 2020.”Non c’è nessuno più meritevole dell’uomo che stiamo per reclutare stasera” esordisce il presidente Vince McMahon “Quest’uomo è la superstar più venerata nella nostra storia”. Calaway è lì, ascolta, annuisce, ringrazia. Fisico monumentale come sempre, quale ruga in più, capelli sparuti raccolti in una improbabile, quanto gotica, coda e lo sguardo che riesce a far trasparire le emozioni di un gigante buono.
“Mai dire mai”, dice mentre esce di scena instillando un briciolo di speranza nei cuori dei suoi accaniti fan. Magari combatterà ancora, o magari avrà un ruolo manageriale, fatto sta che uno come lui non potrà restare lontano dal tanto amato quadrato. Alla fine della premiazione Undertaker infila l’impermeabile in pelle, inforca il cappello in testa, e abbandona il ring che lo ha visto protagonista in oltre 30 anni di carriera. La commozione è tanta, traspare dal volto, e i suoi occhi, sempre stati emblema della sua natura “immortale” cedono. Qualche lacrima scende sul suo volto, pronta a incorniciare un viso icona dello sport. Il pubblico è in festa, lo acclama, merita più di tutti di entrare nella Hall of Fame della WWE.
Un possibile ritorno?
“Negli ultimi 30 anni, la mia identità è stata Undertaker. Sono stato chiamato in molti modi. The Phenom, the Deadman, the American Badass, and the Taker of souls. Non è più questo il tempo. Dietro le quinte incontrerò l’uomo dietro il cappello nero, Mark Calaway. Ora che The Undertaker è entrato nella WWE Hall of Fame, puoi stare certo che riposerò in pace”.
L’ultimo pensiero è dedicato a Vince McMahon, numero uno della WWE che per lui ha rappresentato molto di più della sua carica di facciata istituzionale: “Sei stato come un padre per me, che sia un abbraccio, una pacca sulla spalla o un calcio nel culo, tu per me c’eri sempre”.