Coronavirus e le macerie della sanità. “Tra ricoveri sospesi, prestazioni rinviate, carenza di personale e difficoltà a isolare e gestire i pazienti ‘Covid, non-Covid’, è destinata a lasciare strascichi la quarta ondata che ha investito i reparti di medicina interna.” L’allarme sulle conseguenze disastrose provocate dalla pandemia da coronavirus sulla sanità italiana, lo lancia la Fadoi, la Federazione degli internisti ospedalieri.

Coronavirus e le macerie della sanità

Attraverso un’indagine condotta su 19 regioni,  si stima infatti che ci vorrà almeno un anno per tornare all’attività ordinaria nelle corsie degli ospedali. La riduzione dei ricoveri programmati, sia pure senza arrivare ai livelli di quasi blackout delle prime ondate, ha comunque imposto una riduzione dei ricoveri che, nel 37,5% dei casi, è stata contenuta tra il 10 e il 20% di quelli programmati, ma che nel 12,5% degli ospedali è stata tra il 20 e il 50%, mentre nel 16,7% dei casi il blocco è stato totale”.

Le prestazioni programmate diventano un problema

Così si legge nella comunicazione diffusa dalla Federazione degli internisti ospedalieri (Fadoi), che nella sua valutazione prosegue nel mettere in evidenza gli strascichi provocati dalla pandemia evidenziando che  “il peggio è andata per le prestazioni programmate,– si legge nel report- come analisi, accertamenti diagnostici e visite specialistiche. In questo caso nel 29,2% delle strutture la riduzione è stata tra il 20 e il 50%, oltre il 50% nell’8,3% degli ospedali, mentre nel 16,7% dei casi sono state sospese tutte le prestazioni programmate. Analoga la percentuale di chi, all’opposto, non ha subito alcun rallentamento delle attività. Una macchina che stenta ancora a ripartire. Nel 45,8% dei casi la ripresa dell’attività di ricovero ordinaria è al momento tra il 60 e il 90%, nell’8,3% delle strutture non è affatto ripresa, mentre nell’8,4% dei casi l’attività di ricovero è ripresa in media sotto al 50% di quella ipotizzata”.

Almeno sei mesi per riprendere prestazioni sanitarie saltate

“Per il 41,7% delle strutture- spiega la nota- ci vorranno tra i sei mesi e un anno per rispondere alla domanda di prestazioni saltata mentre per il 20,8% le previsioni sono ancora più fosche: il tempo necessario sarà di “almeno un anno”. Mentre per l’8,3% degli ospedali nemmeno in 12 mesi sarà possibile recuperare tutto l’arretrato. Tra i due e i sei mesi è invece l’arco temporale indicato dal 16,7% delle strutture, mentre per il 12,5% non c’è alcun arretrato da recuperare.” La Fadoi quindi mostra il problema in tutta la sua importanza, considerando tra l’altro che esiste ancora la possibilità di incappare  in altre ondate. indotte da nuove varianti.

Coronavirus, il timore per le possibili nuove ondate

Il timore che ciò accada esiste, in quanto Omicron sta facendo sentire i suoi effetti, visto che, ci informa sempre la Federazione, “il 70,8% degli ospedali lamenta un aumento dei pazienti Covid, contro il 12,5% che riporta un dato di occupazione dei letti in linea con quello dei mesi di gennaio e febbraio 2022 e il 16,7% non rileva alcun aumento rispetto alla situazione precedente all’ondata Omicron”.