Inflazione da record, è questo quanto registrato dall’Istat. Nono mese in crescita e marzo da +6,7% che porta il deprezzamento della moneta ai livelli del luglio 1991. A guidare questa crescita sono, anche questo mese, i beni energetici non regolamentati. L’aumento di prezzo di quest’ultimi, ha scatenato un effetto a catena, creando delle tensioni inflazionistiche sui prezzi del cosiddetto “carrello della spesa”. Una maggiorazione che, anche in questo caso, ha tocca il 5%.
Inflazione, a cosa è dovuta la crescita di marzo?
Anche questo mese il motivo principale del deprezzamento è dovuto prevalentemente ai prezzi dei beni energetici, con una crescita che è passata dal +45,9% di febbraio al +52,9% del mese attuale. Ad incidere maggiormente, come già detto, sono quelli non regolamentati, come ad esempio l’elettricità e i carburanti per i veicoli, passati dal +31,3% al +38,7%. A subire un ricatto sono stati, inevitabilmente, anche i Beni alimentari, sia lavorati (da +3,1% a +4,0%) sia non lavorati (da +6,9% a +8,0%) e a quelli dei Beni durevoli (da +1,2% a +1,9%).
L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto, per lo più, ai prezzi dei Beni energetici non regolamentati (+8,9%) e in misura minore dei Beni alimentari lavorati (+1,0%), dei Servizi relativi ai trasporti (+0,9%), dei Beni durevoli (+0,7%) e degli Alimentari non lavorati (+0,6%). L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +5,3% per l’indice generale e a +1,6% per la componente di fondo.