Caffè espresso, con 30 milioni di tazzine quotidianamente consumate tra bar e ristoranti, la bevanda italiana per eccellenza si candida a patrimonio immateriale dell’Unesco. Ieri la giornata nazionale del “Rito del caffè espresso italiano” a sostegno della candidatura del “caffè espresso italiano”.

Caffè espresso. Un’abitudine quotidiana, di straordinario valore culturale

Bere una tazza di caffè espresso per gli Italiani è un’abitudine radicata, espressione di uno stile di vita conosciuto in tutto il mondo. Una vera e propria eccellenza anche nella solidarietà. Lo sottolinea la Coldiretti ricordando l’usanza tutta nostrana del “caffè sospeso”: lasciar pagato al bar un caffè per il cliente che verrà dopo, che magari non se lo può permettere.

Il dossier di candidatura de “Il caffè espresso italiano tra cultura, rito, socialità e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli”, sarà esaminato il 29 marzo dalla Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco che dovrà formalmente decidere se inviare a Parigi la candidatura per ottenere l’iscrizione. Un obiettivo che punta ad arricchire il paniere delle tradizioni alimentari nazionali già tutelate dall’ Organizzazione delle Nazioni Unite.

Perché il caffè espresso è patrimonio culturale immateriale

Il patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione. Aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra.  Come riportato dal sito dell’UNESCO, fino ad oggi sono riconosciuti come Patrimonio Immateriale 630 elementi in 140 Paesi del mondo. Molti di questi elementi presentano caratteristiche che li rendono attinenti a più di uno dei cinque settori nei quali, secondo la Convenzione, si manifesta la rappresentatività della diversità e della creatività umana.

Tra i molti tesori italiani già iscritti ci sono – sottolinea Coldiretti – la cerca e cavatura del tartufo (2021), l’Opera dei pupi (iscritta nel 2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010), l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013), la vite ad alberello di Pantelleria (2014), l’arte della Falconeria (2016), l’arte dei pizzaiuoli napoletani (2017), la Transumanza (2019) fino all’ “Arte dei muretti a secco”.