Anche oggi, a distanza di 700 anni (più uno) dall’inizio del viaggio di Dante Alighieri nella selva oscura, si celebra il Dantedì. Che poi, a livello nazionale, può considerarsi una vera e propria festa, visto che l’Italia celebra ad ampio raggio il suo più grande rappresentate poetico, la meraviglia che l’ingegno ha consegnato ai posteri. Il 25 marzo non è una data qualsiasi. È il Dantedì. Ovvero la Giornata Nazionale dedicata a Dante Alighieri. Che è stata istituita dal Ministero della Cultura nel 2020 nella data ritenuta dagli studiosi l’inizio del mitico viaggio nella Selva Oscura. Il padre della nostra lingua e della Letteratura ha infestato i nostri incubi o deliziato i nostri sogni di studenti. Ma è indubbio che tutti abbiamo nelle orecchie le sue terzine, le sue metafore e la sua Divina Commedia. Da Nord a Sud tutta Italia festeggia il Sommo poeta.
Nata nel 2020 in preparazione alle commemorazioni per i 700 anni della morte di Dante, avvenuta il 14 settembre 1321, il Dantedì sta cominciando a prendere piede in tante forme. tinerari artistici, pittura, fumetti, letture, perfino una ‘social serie’ e alcuni tableaux vivants dei canti principali della Divina Commedia: saranno tante le iniziative per ricordare la genialità e l’eredità ancora viva del padre della lingua italiana previste per oggi, in occasione del Dantedì, la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri e istituita dal Ministero della Cultura nella data ritenuta dagli studiosi l’inizio del mitico viaggio nella Selva Oscura.
Dantedì da ricordare e da omaggiare
La Giornata del 25 marzo vuole dunque festeggiare il poeta senza patria, il più italiano tra gli italiani, il più universale tra gli scrittori, con manifestazioni di ogni tipo, anche all’estero. E vuole sottolinearne l’attualità: nel fascino che ancora esercita, nell’immaginario collettivo, e nel nostro linguaggio; circa un terzo delle parole dell’italiano odierno, infatti, risalgono direttamente o indirettamente alla «Commedia». E poi l’Alighieri parla delle passioni umane, che non hanno epoca. Basti pensare a come il celebre verso dell’«Inferno», «e quindi uscimmo a riveder le stelle», sia diventato quasi un simbolo durante la pandemia. E non a caso Roberto Benigni ha chiuso le celebrazioni dello scorso Dantedì leggendo i versi del XXV canto del «Paradiso», canto dell’amore e della speranza che, ha detto il premio Oscar, «Dante ha scritto per condurre alla felicità gli uomini».