Giornata Mondiale dell’Acqua, qual è la situazione delle risorse idriche in Italia? Ne ha parlato al microfono di Misa Urbano il Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) Francesco Vincenzi.
Giornata Mondiale dell’Acqua: la crisi idrica in Italia
La perdurante emergenza idrica sull’Italia, ma soprattutto le sue preoccupanti prospettive, non solo stanno facendo emergere i primi, evidenti attriti fra portatori d’interesse concorrenti, ma obbligano a cambiare la percezione ambientale del Paese, visto che in cima alla classifica delle regioni siccitose c’è la Valle d’Aosta, una volta lussureggiante e dove le portate della Dora Baltea sono in caduta verticale.
Ad indicarlo è il settimanale report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche. La situazione nel Nord Italia pare irrimediabilmente compromessa a causa del deficit pluviometrico, delle alte temperature e dell’insufficiente manto nevoso, destinato a sciogliersi entro breve, senza rimpinguare significativamente le falde e senza incidere sulle disponibilità irrigue. Il deficit idrico del Paese si protrae dalla scorsa primavera e ha raggiunto il suo apice in questo inverno estremamente secco (fonte: Consiglio Nazionale Ricerche). Zone siccitose, oltre alle valdostane, sono individuabili in Piemonte, Nord Emilia, Veneto Sud-Orientale, Lazio, Sardegna, Sicilia Sud-Orientale (fonte: Protezione Civile); sull’Italia settentrionale, le piogge cadute finora in questo Marzo sono state quasi ovunque pari a zero.
La situazione regione per regione
Ne sono conseguenza i decrementi nei volumi idrici, trattenuti nei grandi laghi, tra cui l’Iseo al 6,4% ed il Lario addirittura al 5,9% del riempimento con l’emissario, fiume Adda, che segna il record negativo del decennio. Restando in Lombardia, le riserve idriche segnano un deficit del 56,8% (7 giorni prima era a -53,5%) ed il manto nevoso è inferiore del 68% alla media.
Lungo tutta l’asta continua a decrescere anche il fiume Po, che scende ai minimi da 30 anni, mancando all’appello oltre 100 milioni di metri cubi di portata.
In Piemonte continuano a calare i livelli dei principali fiumi (unica eccezione, il Pesio) e l’Orco, nel Canavese, raggiunge la portata minima degli ultimi 14 anni.
Si aggrava la situazione in Veneto, dove i fiumi Adige, Brenta, Bacchiglione, Livenza, Gorzone, Astico, Boite, Cordevole, Piave sono ai minimi storici; le piogge invernali sono state inferiori del 50% alla media storica (fonte: ARPAV) ed in Marzo non è ancora piovuto.
In Trentino Alto Adige, dove le temperature invernali sono state generalmente superiori di un paio di gradi alla media , l’indice SPI (Standardised Precipitation Index) registra siccità severa in Val Venosta, sfiorando i minimi storici di pioggia in quasi tutte le stazioni di rilevamento della fascia occidentale della regione.
In Friuli Venezia Giulia, fatta eccezione per 2 eventi significativi tra Gennaio e Febbraio (mm.20 di pioggia), sono ormai 90 i giorni consecutivi senza precipitazioni, portando il deficit pluviometrico sulla media a -40% in Gennaio e -60% in Febbraio. I volumi idrici stoccati sono pari al 10% del volume massimo autorizzato negli invasi del bacino del Meduna, all’11% in quelli del bacino del Cellina ed a meno del 25% nel lago di Lumiei nel bacino del Tagliamento (15,7 milioni di metri cubi su una capacità di Mmc. 70).
In Emilia Romagna, dove le piogge sono al 25% della media, la situazione peggiore si continua a registrare nel Ferrarese, indirizzato ad entrare in zona di siccità rossa ad inizio Aprile; con queste, critiche condizioni pluviometriche, tutti i fiumi della regione sono in calo e prossimi ai minimi storici.
In Toscana si registra una timida ripresa nei flussi dei fiumi Serchio ed Arno, ma continuano a calare Sieve ed Ombrone, già prossimo alla portata di minimo deflusso vitale (mc./sec. 2).
Nelle Marche, seppur in calo, i livelli dei corsi d’acqua restano in linea con i valori degli anni recenti, così come i bacini, i cui livelli crescono di oltre 1 milione di metri cubi in una settimana. A differenza dello scorso anno è finora la fascia costiera adriatica centro-meridionale ad avere maggiormente beneficiato di precipitazioni consistenti (fonte: Protezione Civile).
Nel Lazio continuano a calare i livelli dei fiumi Sacco e Liri ed anche in Campania i principali corsi d’acqua risultano con portate inferiori allo scorso quadriennio.
Pur con performance minori rispetto al 2021, sono confortanti le disponibilità idriche nei serbatoi di Puglia e Basilicata, cresciute rispettivamente di 14 ed 1 milione di metri cubi in una settimana.
Interessante è, infine, l’analisi della condizione idrica della Sicilia, dove il surplus di risorsa stoccata (+30% sull’anno scorso e nettamente sopra la media del decennio) è dovuto soprattutto agli effetti dell’uragano mediterraneo di fine Ottobre, mentre le precipitazioni invernali sono inferiori alla media (fonte: European Drought Observatory), raggiungendo livelli estremi di carenza d’acqua nell’entroterra centro-orientale e nell’Agrigentino.
Giornata Mondiale dell’Acqua: il lavoro da fare sugli invasi
“In Italia, c’è un grande bacino dimenticato: è quello nascosto da oltre 72 milioni di metri cubi di materiali depositati sul fondo di 90 invasi e che ne riducono la capacità di quasi il 10%; pulirli necessita di circa 290 milioni di euro, capaci di garantire, però, oltre 1450 posti di lavoro”. La siccità è una situazione critica, che si ripete da diversi anni, assumendo ormai i caratteri di un evento strutturale. All’estate 2021, caratterizzata da un aumento (+58%) dei fenomeni climatici estremi (14 eventi ca. al giorno) rispetto all’anno precedente, sta seguendo un inverno particolarmente siccitoso nel Centro-Nord del Paese, con temperature superiori alla media stagionale ed una forte scarsità del manto nevoso sull’arco alpino ed appenninico.
Lo scenario di una possibile crisi idrica nei mesi a venire preoccupa per le ripercussioni sui molteplici interessi, che gravano sulla risorsa acqua.
L’emergenza climatica in atto sull’Italia, con la tropicalizzazione dei fenomeni meteorologici (precipitazioni più violente, concentrate nel tempo e nello spazio, sfasamenti stagionali e repentini sbalzi termici), rende aleatoria ogni programmazione delle attività umane ed economiche.
Destano particolare preoccupazione i fenomeni di crescente desertificazione (attualmente presenti in più del 21% del territorio nazionale), cui si affianca la risalita del cuneo salino nelle falde, anche a chilometri di distanza dalla zona costiera, con conseguente sterilità dei suoli.
In un contesto caratterizzato da una diminuzione generalizzata delle risorse idriche disponibili, soprattutto nell’area Centro-Nord del Paese, è di primaria e strategica importanza aumentare le capacità d’invaso, migliorandone al contempo l’efficienza e riducendo ogni spreco determinato dalla vetustà delle infrastrutture (l’età media è di 62 anni).
L’Italia, pur essendo un Paese ancora idricamente fortunato per l’apporto annuo delle piogge (circa 300 miliardi di metri cubi), ne trattiene solo circa 5,8 miliardi di metri cubi (11%); il rimanente 89% va in mare pressoché inutilizzato.
La capacità di immagazzinamento complessiva delle maggiori 534 dighe e dei circa 13.000 piccoli sbarramenti presenti lungo il territorio italiano è di 13,7 miliardi di metri cubi, ma il volume autorizzato è solo di 12 miliardi di metri cubi.
“È necessario incrementare sensibilmente la capacità di invaso in quanto, in molte aree del Paese, l’emergenza climatica porta le comunità ed il sistema economico a chiedere maggiori disponibilità idriche. Al proposito con Coldiretti abbiamo presentato il piano laghetti, che prevede la realizzazione di 10.000 bacini medio-piccoli in aree collinari o di pianura entro il 2030 – prosegue il Presidente di ANBI – Tanti sono gli invasi attualmente in esercizio, ma che necessitano di ristrutturazione o che operano in via sperimentale; tanti quelli, che sono attualmente non in esercizio o che non possono essere riempiti fino alla loro capacità massima, perché incompiuti o per mancanza di collaudo oppure per problemi statici. Il nostro Piano di Efficientamento della Rete Idraulica ne prevede il completamento di 16 per una capacità complessiva di oltre 96 milioni di metri cubi.”
Crisi idrica equivale a crisi alimentare
L’85% del made in Italy agrolimentare (538 miliardi di euro, cioè il 25% del Prodotto Interno Lordo) dipende dalla disponibilità d’acqua irrigua, ormai necessaria per tutte le produzioni agricole in un’epoca, in cui l’autosufficienza alimentare costituisce un asset strategico per il Paese, come stanno dimostrando le emergenze pandemica e bellica.
Sono circa 3,5 milioni, gli ettari serviti da impianti collettivi d’irrigazione, che consentono (grazie ai sistemi di digitalizzazione, monitoraggio e gestione automatizzata e telecontrollata delle reti di adduzione e distribuzione) un uso razionale ed efficiente della risorsa idrica.
“E’, quindi, determinante ampliare la superficie attrezzata con impianti irrigui collettivi, aumentando al contempo di almeno ulteriori 5 miliardi di metri cubi, la capacità di immagazzinamento della risorsa pluviale, grazie alla realizzazione di piccoli-medi bacini multifunzionali” aggiunge Vincenzi.