Covid, Pregliasco dichiara che la pandemia non è finita, anche se la sua fase più acuta è alle nostre spalle. E sul futuro, ritiene che la strada sarà quella di una convivenza con il Covid-19.
Covid, Pregliasco: “Esagerato ritenere più deboli le ultime varianti”
Il prof. Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore Irccs Galeazzi di Milano, è stato ospite del programma L’imprenditore e gli altri condotto da Stefano Bandecchi, fondatore dell’Università Niccolò Cusano, su Cusano Italia Tv (canale 264 dtt).
Pregliasco ha commentato innanzitutto la fine dello stato di emergenza e la linea seguita dal governo per arrivare alla data fatidica del 31 marzo.
“Sui social passo per menagramo perché ho sempre cercato di mantenere una posizione prudente.
Credo che, in questa fase, sia stato giusto chiudere la stagione dell’emergenza e partire con un approccio della convivenza con il virus.
La pandemia non è finita. La fase più difficile, che ci ha colto più impreparati, è alle spalle ma il virus continua a muoversi con delle varianti meno cattive, ma non troppo. Si è esagerato nel ritenerle più deboli, nella speranza di arrivare alla fine. Però è vero che Omicron è meno violenta, ma è molto contagiosa”.
Pregliasco su Omicron: “Non è necessariamente meno aggressiva delle altre varianti”
Proprio a proposito della variante Omicron, il direttore Irccs Galeazzi di Milano ha voluto spiegare perché provochi reazioni così diverse, più o meno gravi, a seconda dei soggetti.
“C’è una grande differenza nella risposta degli organismi.
Le forme più pesanti, le polmoniti, sono la conseguenza di una risposta eccessiva dell’organismo che vorrebbe eliminare il virus ma che finisce col rendere difficile la respirazione.
C’è una variabilità incredibile ed è questa la forza del Covid-19 che, nella stragrande maggioranza dei casi, determina forme banali. Le nuove varianti hanno proprio questa peculiarità: si diffondono facilmente, statisticamente determinano forme non gravi di malattia ma sono infingarde perché, in una percentuale minima, provocano invece malattie più difficili.
Questa probabilità statistica ha rilanciato l’idea della banalità della malattia, che ha portato a una eccessiva sottovalutazione dei suoi effetti”.
Su riaperture e linea della prudenza.
Dal 31 marzo, l’Italia si avvia verso un tentativo di ritorno alla normalità pre-pandemia. Il professor Pregliasco ritiene che la linea della prudenza seguita dal nostro paese abbia pagato, riducendo i rischi di ondate più violente.
“L’Inghilterra ha pagato un po’ la scelta di riaprire tutto indiscriminatamente. Io sono per una linea più prudente, magari anche con delle dichiarazioni che prevedano l’esigenza di eventuali provvedimenti restrittivi futuri.
È chiaro che non esiste un manuale di gestione. Europa, Italia e Stati Uniti hanno scelto, in modo diverso, il sistema della convivenza, della mitigazione dei casi. Ridurre una quota significativa di contatti perché più contatti abbiamo, più è probabile che il virus si diffonda, e in questo modo spalmare i contagi nel tempo, evitando le fasi acute. Questo dovrebbe averci salvato perché buona parte delle persone adesso sono o vaccinate o guarite, o anche vaccinate e guarite”.
Covid, Pregliasco: “I vaccini non evitano sempre l’infezione ma la rendono senza dubbio meno grave”
Fondamentale per il virologo mantenere alta l’attenzione e continuare a portare avanti la campagna vaccinale, per continuare a indebolire il virus. Un invito che, però, non sembra esser stato raccolto negli ultimi tempi, come indicato dal presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, che ha parlato di “vaccini fermi al palo”.
“Omicron e Omicron 2 danno una risposta immunitaria inferiore rispetto alle varianti iniziali. C’è gente che si reinfetta anche dopo aver avuto una brutta infezione durante la prima ondata, e questa è una caratteristica dei coronavirus, che non riguarda, quindi, i vaccini e la loro difesa immunitaria. Il vaccino, purtroppo, non riesce sempre a evitare l’infezione ma ha ancora una buona capacità, soprattutto per le persone più fragili, nell’evitare le forme più gravi.
La variante Omicron 2 è meno aggressiva – per quanto non sia neanche così innocua come viene descritta – ma questo è possibile grazie ai tanti vaccinati e alle persone che sono guarite”.
Sulla possibilità di una quarta dose, Pregliasco ritiene che l’approccio sarà analogo a quello della normale influenza. Le eventuali dosi di richiamo, dunque, non saranno obbligatorie ma resteranno come “una raccomandazione delle autorità sanitarie, rivolta principalmente ai soggetti fragili”.
Il futuro, tra convivenza col Covid-19 e speranza nei nuovi farmaci
Il prof. Pregliasco ha poi voluto concentrarsi sul futuro che attende il nostro paese nel suo rapporto con il Covid-19. A partire da quello più prossimo – l’estate 2022 – fino ad arrivare agli anni che ci aspettano, all’insegna di un virus sempre presente ma meno pericolosa.
“La pandemia finirà quando non se ne parlerà più. Pensiamo all’HIV: ogni giorno in Italia si ammalano sette persone per questo virus che, però, non ha più quell’effetto devastante di un tempo, grazie a terapie che garantiscono un’ottima qualità di vita, e quindi non se ne parla più.
Quindi, a meno che non esca fuori un SARS-CoV-3, il virus diventerà sempre meno pericoloso. Penso che avremo un’estate abbastanza tranquilla, e poi un inverno – e altri inverni dopo di esso – in cui, oltre all’influenza normale, ci sarà la presenza del Covid che darà ancora qualche problema”.
In generale, per Pregliasco il futuro che ci attende sarà comunque all’insegna della convivenza con il virus. Che tipo di futuro sarà, dipenderà ancora dai nostri comportamenti individuali e dai farmaci specifici che verranno brevettati per contrastare il SARS-CoV-2.
“Il Covid ci ha insegnato che è difficile fare previsioni anche nel breve termine.
Questa variante è molto più contagiosa. Addirittura, Omicron 2 è più contagiosa del 30% rispetto a Omicron, che era già molto contagiosa. Questo ha il lato positivo che, contagiando potenzialmente molte persone, può ridurre il numero di soggetti suscettibili di infezione.
Il virus resterà nelle nostre vite ancora per qualche anno, con un andamento ondulatorio tra alti e bassi, speriamo più deboli rispetto alle ultime ondate. Noi dovremo adattarci a questo, ed è sperabile che, oltre alle vaccinazioni, ci sia un apporto importante dei nuovi farmaci antivirali specifici per la malattia”.