Il delitto di via Poma, l’assassinio della giovane Simonetta Cesaroni, è uno dei più oscuri misteri italiani. Oggi, a 32 anni dalla morte della giovane allora ventenne, si riaprono le indagini

Riaperto il caso di Via Poma

L’indiscrezione è riportata dal quotidiano Il Foglio, secondo cui a piazzale Clodio, i pm avrebbero avviato un nuovo procedimento per ascoltare nuovi testimoni. Fra di loro Antonio Del Greco, l’allora dirigente della squadra mobile. Nel mirino però ci sarebbe un sospettato: allora era già finito nel mirino degli inquirenti, fornendo un alibi che oggi potrebbe essere caduto o messo in nuova discussione. Secondo il quotidiano “il sospettato avrebbe mentito fin dall’inizio negando di aver mai conosciuto Simonetta e fornendo agli investigatori una ricostruzione dei suoi spostamenti completamente inesatta”. E sebbene la famiglia della giovane Simonetta Cesaroni non commenta, l’avvocato di Raniero Busco, ex fidanzato della ventenne, non cela la soddisfazione: “Forse si arriverà al bandolo di questa matassa – afferma l’avvocato Paolo Loria – e si riuscirà a trovare il vero colpevole e liberare dal sospetto, che dura da 30 anni, una serie di personaggi assolutamente innocenti”. Busco fu condannato in primo grado a 24 anni di carcere ma fu successivamente prosciolto da ogni accusa. E il delitto finora non ha un colpevole.

La storia del delitto di via Poma

Era il 7 luglio del 1990. Era un martedì, e al terzo piano di un appartamento al numero 2 di via Carlo Poma, a due passi da Piazza Mazzini, ci sono gli uffici dell’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù. Simonetta Cesaroni è una giovane segretaria della Reli Sas, uno studio commerciale, che fra i clienti ha proprio l’AIAG. Ed è lei a recarsi nei loro uffici per effettuare alcune operazioni contabili. La ragazza viene ritrovata dalla famiglia, preoccupata per non aver avuto sue notizie. intorno alle 23:30 dentro l’appartamento: 29 coltellate hanno posto fine alla sua vita, lasciando inorriditi i genitori di Simonetta, sua sorella Paola e il suo fidanzato e il suo datore di lavoro, Salvatore Volponi.

I sospettati

È il 10 agosto, 3 giorni dopo la morte di Simonetta, quando uno dei portieri dello stabile di via Poma, Pietro Vanacore, viene arrestato: sui suoi pantaloni sono state ritrovate delle tracce di sangue. Ma non è quello della giovane uccisa, e Vanacore viene scarcerato il 30 agosto, dopo 26 giorni di carcere. Dopo pochi mesi viene anche archiviata la posizione di Salvatore Volponi. Nel 1992 un avviso di garanzia colpisce Federico Valle, che abitava nel palazzo del delitto e la notte dell’omicidio ospitò a casa sua proprio Pietro Vanacore: un amico della mamma di Valle riferì come Federico, secondo quanto raccontatogli dalla donna, sarebbe rientrato a casa sporco di sangue. Anche questa però si rivela una pista cieca: nel 1993 Valle e Vanacore vengono prosciolti rispettivamente per non aver commesso il fatto e perché il fatto non sussiste. Una nuova pista arriva nel nuovo millennio: nel settembre del 2007 viene iscritto nel registro degli indagati l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, Raniero Busco. L’accusa è omicidio volontario. Il 3 febbraio 2010 inizia il processo a Busco, ma un colpo di scena stravolge nuovamente la storia di questo mistero: il 9 marzo, a pochi giorni di distanza dalla sua calendarizzata deposizione Pietro Vanacore si toglie la vita. Busco viene assolto in maniera definitiva nel 2014 dalla corte di Cassazione.