Conflitto Russia Ucraina : la storia della giovane Alya. La guerra è prima di tutto dramma umano. Le persone più fragili sono quelle che pagano prima e in maniera più dura i danni della guerra. Come gli anziani le donne e i bambini. Come una ragazza di 19 anni che su Telegram scrive questo:”Mi chiamo Alya e ho 19 anni. I miei genitori sono andati via da Kiev, perché era pericoloso, ma io ho deciso di rimanere, insieme col mio ragazzo. Nel sotterraneo della scuola, quando lo stanzone è pieno, accendiamo le torce dei cellulari; a volte giochiamo a carte, soprattutto parliamo di più: non ci siamo mai sentiti così vicini gli uni agli altri”. Il racconto arriva dalla periferia della capitale dell’Ucraina, a pochi chilometri dalla linea del fronte.
Conflitto Russia Ucraina : la storia della giovane Alya
Anche questa mattina, scrive Alya in una testimonianza-diario per l’agenzia Dire, la sveglia sono state le esplosioni: “Oggi sono cominciate prima del solito, alle cinque. In stanza eravamo in dieci e ci siamo messi in ascolto. Dopo la prima c’è stata una seconda esplosione; poi si è rifatto silenzio, anche se nessuno è riuscito a riprendere sonno”. Da 21 notti, da quando è cominciata l’offensiva militare della Russia, Alya dorme nella sua ex scuola, un edificio basso e massiccio di epoca sovietica. “Le sirene dell’antiaerea suonano in genere tre o quattro volte al giorno” scrive la ragazza. “Ormai ci siamo stufati di scendere giù nel rifugio ma non abbiamo scelta. Abbiamo anche smesso di leggere tutte le notizie e cerchiamo invece di parlare di più tra noi. Ognuno ha il suo compito: c’è chi cucina, chi pulisce e chi lava, mentre i bambini ci fanno compagnia”.
La vita nel rifugio sotterraneo
Di solito, la colazione è alle 10.30. “Poi in tanti se ne tornano a casa o vanno a sbrigare le loro faccende. Anche durante il giorno si sentono esplosioni e colpi di arma da fuoco, ma ormai non ci spaventiamo più. Chissà, forse è terribile che ci si possa abituare a qualcosa del genere”. La mattina trascorre insieme con i volontari che la notte sono rimasti in servizio nei corpi di difesa e soccorso. “per loro prepariamo da mangiare due volte al giorno. Sono la nostra forza, il nostro orgoglio, la nostra protezione. Ieri sono anche riusciti a riportare alcuni equipaggiamenti sottratti a militari russi. Sono orgogliosa di loro: mi riscaldano il cuore. Sono sicura che, alla fine, vinceremo. E tutto il mondo saprà che il nostro popolo non può essere né umiliato né sconfitto”. Scrive ancora Alya.
Con i ragazzi della scuola, si pranza alle due del pomeriggio. “Poi giochiamo a carte, a pingpong o a pallone nella palestra.
Qualcuno esce e va al negozio o in farmacia, anche se in giro c’è molta meno gente rispetto a prima. A volte capita pure di darsi appuntamento con un’amica o un amico, anche se cerchiamo sempre di non allontanarci troppo perché può essere pericoloso.
Il diario di Alya tra le lacrime
Nel diario Alya scrive ancora: “A volte non riesco a trattenere le lacrime. Mi metto a piangere come un’isterica. Mi dispero perché ci sono persone che non possono lasciare le loro città o i loro villaggi dove adesso si sta combattendo. Piango perché stanno morendo bambini e innocenti, mentre le case sono bombardate. Piango perché voglio rivedere la mia famiglia. E non sono l’unica. Anche se qui abbiamo qualcuno che ci protegge. E tra un po’ andrà meglio: ne sono sicura”.
Conflitto Russia Ucraina :quando arriva la sera
Alle sei del pomeriggio si fa buio. “Le luci non le accendiamo dappertutto” racconta Alya. “Camminiamo piano e parliamo sussurrando. Verso le sei e 30 ceniamo. Solo la tavola è illuminata. Quando abbiamo finito, spegniamo la luce e ci facciamo strada con le torce. Molti vanno giù nel sotterraneo. Quando siamo tutti nello stanzone del rifugio ci sediamo e beviamo tè o giochiamo a carte. Solo gli uomini restano di sopra. Restano in servizio tutta la notte, fino alle sette di mattina. Con gli altri, invece, alle dieci della sera andiamo tutti a letto. A volte resto a leggere le notizie sul cellulare e non riesco a prendere sonno. A volte sento qualcuno parlottare dietro la porta. A volte resto in ascolto, come se mi prendesse il timore che un razzo potesse colpirci“.