“L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità” diceva John Fitzgerald Kennedy. Le parole del presidente degli Stati Uniti, ucciso a Dallas il 22 novembre del ‘63, risuonano oggi mentre infuria la guerra in Ucraina e si aggira lo spettro di una terza guerra mondiale. Le televisioni, i social portano nelle case di ogni cittadino le immagini di massacri, di case abbattute, di migliaia e migliaia di persone in fuga. Cresce la paura per l’uso possibile dell’atomica che segnerebbe la fine di tutto e di tutti. Dopo la terza guerra mondiale non ci sarebbe la quarta o, come diceva Albert Einstein, “non so con quali armi sarà combattuta la Terza Guerra Mondiale ma la quarta sarà combattuta con pietre e bastoni”. Questa metafora del fisico più famoso della storia era molto chiara già un secolo fa quando si capì la portata delle armi di distruzione di massa.

Quando piovono le bombe è difficile ragionare

Che cosa ci insegna il dramma attuale? Fino a quando si è in tempo occorre riflettere e agire ma, forse, alla pace si dovrebbe pensarci prima e non quando gli aerei sganciano le bombe e nelle città si scatena la guerriglia. In questi frangenti è più difficile ragionare e l’uso della forza, per molti, sembra diventare l’unica arma per raggiungere almeno una tregua. Con un gioco di parole potremmo dire che la pace si costruisce in tempo di… pace. Quando piovono le bombe è troppo tardi.

Stefano Bisi