La Camera dei Deputati approva la legge sul fine vita. Con 253 sì, 117 voti contrati e un solo astenuto, Montecitorio manda al Senato il testo. Lì però, così come accaduto per il DDL Zan, la partita si complica e diventa rischiosa, visti i numeri parlamentari delle varie forze politiche.
Legge sul fine vita: gli articoli più complicati
Nel primo articolo del testo (qui l’atto ufficiale approvato alla Camera) è prevista la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita. L’approvazione della Camera è arrivata rapidamente sugli articoli 4 (Requisiti e forma della richiesta) e 5 (Modalità). Nel testo previsti anche l’obiezione di coscienza per il personale medico (art. 6) e l’esclusione di punibilità (art. 8) per il medico e al personale sanitario e amministrativo che abbiano dato corso alla procedura di morte volontaria medicalmente assistita nonché a tutti coloro che abbiano agevolato in qualsiasi modo la persona malata ad attivare, istruire e portare a termine la predetta procedura, qualora essa sia eseguita nel rispetto delle disposizioni della presente legge.
Come hanno votato i partiti sul fine vita
Regge il colpo il centrosinistra, con il voto compatto espresso favorevolmente dal Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali ed Italia Viva. Il centrodestra invece si è trovato a un vero e proprio stress test: sebbene tutto il centrodestra, tanto quello di maggioranza quanto quello all’opposizione, si era detto contrario, non sono mancate le defezioni, che hanno arricchito la platea dei favorevoli. In particolare da Forza Italia, che ai suoi deputati aveva lasciato libertà di coscienza, sono arrivati molti voti a favore.
La differenza fra eutanasia e fine vita
La differenza è racchiudibile in un singolo concetto: la partecipazione volontaria del paziente a porre fine alla sua vita. Nell’eutanasia, il ruolo del malato è passivo, con il medico che somministra il medicinale, mentre nel suicidio assistito è il paziente stesso che deve provvedere, in modo indipendente, all’assunzione del farmaco predisposto per il decesso, senza alcun intervento medico.