Qualche tempo fa si diceva che i cittadini italiani erano tutti commissari tecnici della nazionale di calcio. La discussione infinita era tra chi voleva Sandro Mazzola e chi Gianni Rivera. Uno dei due era considerato di troppo. Un grande ct azzurro, Ferruccio Valcareggi, vincitore di un campionato europeo e secondo ai mondiali del ‘70 dietro l’invincibile Brasile di Pelè, viene ricordato soprattutto per non essere riuscito a schierare nello stesso undici i due grandi campioni nella finalissima di Città del Messico che avremmo, comunque, perso. Le discussioni si accendevano nei bar e nei salotti di casa ma il danno era relativo. Si parlava di duelli ma erano quelli calcistici e nel mirino erano le scelte dell’allenatore. Insomma, un popolo di commissari tecnici.
Fino a qualche giorno fa ci siamo improvvisati, un po’ tutti, virologi. Nei salotti televisivi si sono esibiti personaggi di varia umanità, epidemiologi e giornalisti, scrittori e ballerine ma tutti con la ricetta per salvare l’umanità dal Covid. Da “tutti” esperti di calcio a “tutti” scienziati. Ora siamo passati da programmi televisivi monotematici sulla pandemia a quelli sulla guerra. Si registra un’eccitazione sopra le righe da parte di chi non distingue una pistola da un fucile e da chi non sa in quale parte di mondo è l’Ucraina ma ora dà consigli a capi di Stato, ambasciatori e generali.
La saggezza di un vignettista
Un vignettista saggio, Mauro Biani di Repubblica, ha commentato su Twitter: “Comunque questa eccitazione per la guerra, ora chiunque in tv tutti geopolitici. Preferivo quando erano tutti virologi”. Mi viene in mente prima Antoine de Saint Exupery, autore del Piccolo Principe, quando scriveva che “essere liberi è bello e giusto ma occorre essere consapevoli che le nostre azioni, le nostre parole possono produrre effetti positivi o negativi anche sugli altri”. Le parole, appunto, troppe e in libertà. Ma in campo non sono Mazzola e Rivera.
Stefano Bisi