L’Opening Day 2022 della stagione MLB 2022, in programma per il prossimo 27 marzo, salterà. Sono ben 91 le partite cancellate nelle ultime ore, ufficializzando così un lockout che sembrava poter essere evitato. La serrata non accadeva dal 1995. Ovviamente, l’oggetto del contendere tra proprietari delle franchigie e giocatori, riguarda il rinnovo del prossimo contratto collettivo. Una situazione che non è stata evitata nemmeno con il prolungamento delle trattative tra le parti, tanto da portare la lega a dover annunciare – al momento – una stagione accorciata da 162 a 156 partite in calendario.
Una brusca frenata in un momento non certo brillante per la lega che deve già fare i conti con un calo di ascolti e di traction in generale negli Stati Uniti. Per questo, il lockout appena annunciato non è certo sintomo di un campionato in salute. La realtà dei fatti è che le parti stanno discutendo sulle cifre del contratto collettivo. Nel frattempo, Rob Manfred – commissioner della MLB – ha dichiarato che al momento non sono previste ulteriori trattative e che i giocatori non verranno pagati per le partite che non si disputeranno.
MLB, il nodo della luxury tax
Chiaramente, i soldi sono il punto di scontro tra proprietari e giocatori. Il sindacato giocatori pretende una fetta maggiore degli introiti per i propri atleti, mentre i proprietari – ovviamente – cercano di contenere le richieste. La MLB nel frattempo ha proposto di inasprire la luxury tax da 210 a 220 milioni, salendo poi a 224 nel 2025 e 230 nel 2026. Il sindacato ne chiede 238 per il 2022, 250, 256 e 263 per le successive stagioni.
Quello che è sicuro, nel frattempo, è che questo lockout costerà ai giocatori la bellezza di 20.5 milioni di dollari a partita. C’è distanza anche per quanto riguarda il minimo salariale (i proprietari offrono 700.000 dollari, i giocatori 725.000, ndr). Da capire se le prossime settimane saranno positive per tornare ad un punto di incontro. La lega ha bisogno di segnali positiv.