La guerra in Ucraina sta portando a pesanti ripercussioni economiche, finanziarie, politiche e umanitarie su tutto il territorio. Il conflitto commerciale in atto rischia di peggiorare ulteriormente (a causa delle forti sanzioni NATO), e ciò porterebbe in Italia, secondo quanto avverte il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini, a mettere ancora più in pericolo le esportazioni agroalimentari Made in Italy in Russia e in Ucraina.

“Il valore totale della perdita ‘solo’ nel 2021 ha complessivamente superato il miliardo di euro, con vino, spumanti, olio, pasta e caffe che sono i prodotti più interessati”.

Coldiretti, Prandini: “Made in Italy colpito dalla guerra e dagli embarghi”

Ettore Prandini riporta come in Russia è tuttora impedita l’esportazione di salumi, formaggi e ortofrutta Made in Italy per effetto dell’embargo deciso da Putin all’indomani delle sanzioni europee del 2014.

“Qui, purtroppo, il settore agroalimentare è stato l’unico reparto economico a pagare il prezzo dello scontro. Ora però, sono in pericolo anche le vendite italiane di vino e cibi, non colpiti dall’embargo nel 2021. Questi generi hanno raggiunto il valore di 670 milioni di euro con un aumento del 14% rispetto al 2020. Stessa cosa è accaduta anche in Ucraina, per cui gli stessi hanno toccato il picco di 350 milioni di euro”.

Nella tavola russa apprezzati vini e olio d’oliva

Secondo la Coldiretti, tra i prodotti Made in Italy più apprezzati dal Paese russo ci sono gli elementi base della dieta mediterranea. Di questi ne fanno parte il vino e gli spumanti per un valore attorno ai 150 milioni di euro, l’olio di oliva per 32 milioni di euro e la pasta per 27 milioni di euro.

Effetti dell’embargo. I costi

La denuncia della Coldiretti parte dunque da questi presupposti. Gli effetti del conflitto ucraino rischiano di cancellare completamente il Made in Italy a tavola di Mosca e Kiev. Ciò porterebbe ad aggravare ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alle sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea.


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