Le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina riguardano anche l’ambiente, aspetti di cui si parla meno spesso ma non meno importanti. Ogni conflitto è una tragedia dai costi enormi, sia in termini di vite umane che considerando il contraccolpo economico e sugli ecosistemi coinvolti. Danni enormi che sono stati calcolati da diversi studiosi a proposito dei conflitti del XX secolo. Scrive Angelo Bruscino sull’Huffington Post che:
“Circa 125.000 tonnellate di agenti chimici furono impiegati durante la I Guerra mondiale e circa 96.000 tonnellate durante il conflitto in Vietnam, stima lo studioso Nils Gledistch. Il gas nervino ha ucciso non solo uomini, ma animali. In Vietnam, le sole forze armate statunitensi hanno utilizzato più di 20 milioni di galloni di erbicidi per defogliare le foreste, e stanare il nemico. Foreste mai più cresciute e che hanno perso più di 120 specie di uccelli e 40 di mammiferi.
Guerra Russia Ucraina, le conseguenze sull’ambiente
Nel passato mari e oceani non hanno pagato un costo altissimo, così come il suolo, la follia umana che ha portato alla guerra. Scrive ancora Bruscino che:
“La contaminazione da petrolio nell’Oceano Atlantico a causa dei naufragi della seconda guerra mondiale è stimata dallo studioso Michael Lawrence in oltre 15 milioni di tonnellate. Ancora oggi si possono trovare tracce di petrolio nell’Oceano Atlantico risalenti ai naufragi avvenuti durante la II Guerra mondiale. L’alluvione del fiume Giallo del 1938, creata dal governo nazionalista nella Cina centrale durante la prima fase della seconda guerra sino-giapponese nel tentativo di fermare la rapida avanzata delle forze giapponesi, è stato definita il “più grande atto di guerra ambientale nella storia”, con conseguenze ambientali terribili, mai più rimarginate.
Bruscino sottolinea come non vada dimenticato l’inquinamento delle falde acquifere causato dai pozzi neri aperti alla meno peggio nei campi profughi, con la loro crescita disordinata e l’enorme pressione antropica.
“Durante la guerra civile ruandese, quasi tre quarti di milione di persone vivevano nei campi ai margini del parco nazionale di Virunga. Secondo il Worldwatch Institute, circa 1.000 tonnellate di legna sono state rimosse dal parco ogni giorno per due anni per costruire ripari, alimentare fuochi da cucina e creare carbone. Alla fine del conflitto, 105 kmq di foresta erano stati distrutti”.
L’inquinamento dell’ambiente di mezzi militari e munizioni
Quasi scontato poi l’inquinamento atmosferico derivato dai veicoli militari in movimento e non dimentichiamo i danni derivanti dall’utilizzo di munizioni all’uranio impoverito, utilizzate durante la prima Guerra del Golfo dall’esercito USA, nella guerra in Bosnia ed Erzegovina, in quella del Kosovo e poi ancora nella seconda Guerra del Golfo, Somalia, Afghanistan e perfino in alcune “missioni di pace”. I proiettili all’uranio impoverito hanno causato diversi tipi di cancro nelle persone esposte, sia tra i militari che i civili. Effetti che permangono a lungo termine sull’ambiente e sulla salute di uomini e animali, sia per la radioattività che per la tossicità del metallo.
Guerra tra Russia e Ucraina, i potenziali costi sull’ambiente
Quali possono essere le ricadute sull’ambiente della guerra tra Russia e Ucraina? In quest’ultimo sono presenti ben 15 reattori nucleari. Solo questo dovrebbe far tremare i polsi pensando alla distruzione per secoli di interi ecosistemi, esseri umani e animali collegati. Scrive ancora Angelo Bruscino che:
“Nel 2018, il ministro dell’ecologia ucraino, Ostap Semerak, aveva ammonito di una potenziale “seconda Chernobyl” se i separatisti sostenuti dalla Russia avessero intenzionalmente allagato la miniera di carbone abbandonata di YunKom, dove i test nucleari sotterranei nel 1979 hanno creato una caverna rivestita di vetro a quasi 3.000 piedi chiamata l’Object Klivazh. Cosa che è puntualmente avvenuta dopo. La possibilità i reattori nucleari ucraini che vengano distrutti intenzionalmente dalle milizie è stata pubblicamente sostenuta da Bennett Ramberg, ex ufficiale degli affari esteri dell’Ufficio per gli affari politico-militari del Dipartimento di Stato americano e autore di “Nuclear Power Plants as Weapons for the Enemy”.
Alla luce di tutti questi dati e relative considerazioni rimane la certezza che se i leader del pianeta si impegnassero per salvarlo dalla crisi climatica tanto quanto si impegnano a farsi la guerra, saremo già fuori dall’emergenza ambientale.