Invasione Ucraina. Dopo l’attacco notturno dell’Ucraina da parte della Russia è iniziata la corsa ai beni rifugio. Le quotazioni dell’oro toccano quasi 2000 dollari l’oncia, ai massimi dal gennaio 2021. Le borse asiatiche reagiscono con listini in negativo ed anche gli indici dei listini di Wall Street perdono circa il 2%. Impenna il prezzo del gas sul mercato di Amsterdam, benchmark del metano per l’Europa continentale. Anche il prezzo del petrolio vola: il Brent supera i 100 dollari al barile, per la prima volta dal 2014, mentre il Wti è a 95,54 dollari.
Invasione Ucraina, in aumento anche il grano
Non solo petrolio, sotto la spinta dell’attacco della Russia all’Ucraina i prezzi del grano sono balzati del 5,7% in un solo giorno raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9.34 dollari a bushel. E’ quanto emerge dall’analisi alla chiusura del mercato future della borsa merci di Chicago. L’aumento delle quotazioni delle materie prime – sottolinea la Coldiretti – ha interessato anche i prodotti base per l’alimentazione degli animali negli allevamenti come la soia che ha raggiunto il massimo dal 2012 e mais che è al massimo da otto mesi. L’ Ucraina – continua la Coldiretti –ha un ruolo importante anche sul fronte agricolo. Il Paese produce circa 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale (5° posto nel mondo). Mntre le tonnellate di grano tenero per la produzione del pane sono 25 milioni (7° posto al mondo). La Russia è il principale Paese esportatore di grano a livello mondiale. A preoccupare i mercati è il fatto che rallentino le spedizioni dalla Russia e vengano bloccate le spedizioni ucraine dai porti del Mar Nero. Questo porterebbe ad un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali con il rischio di inflazioni su beni di consumo primario, carestie e tensioni sociali.
La dipendenza agricola dell’Italia
L’Italia importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame. Secondo l’analisi della Coldiretti si evince anche che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano.
In un comunicato stampa la Coldiretti spiega come l’Italia sia costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori. La produzione nazionale di mais è stata per questo ridotta di quasi un terzo. Si è perduto quasi mezzo milione di ettari coltivati perché – denuncia la confederazione dei Coltivatori Diretti – ” molte industrie per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti”.