Pochi giorni fa è scattato l’UAE Tour da dove due nomi illustri del ciclismo, Van Aert e Dumoulin hanno voluto farsi sentire chiedendo nuove regole sul Covid.
I due corridori hanno approfittato di un dato statistico particolare che vede assenti circa il 10% dei ciclisti causa Omicron: l’ultima variante ha infatti colpito 13 dei 140 potenziali partecipanti.
Un tema che ha spinto il belga Wout van Aert a sollevare un dibattito sul protocollo Covid:
“Basta un test positivo e tutta la preparazione è vanificata. Penso che dovremo prendere in considerazione l’idea di non basarci più su un test positivo. Dovremo iniziare a guardare al Covid come le altre malattie. Non siamo stati testati per l’influenza o il raffreddore in passato. Ovviamente, se ti ammali poi devi rimanere a casa” .
Passing the Sheikh Zayed Grand Mosque in Abu Dhabi, a picture-perfect moment. 😍
— UAE Tour Official (@uae_tour) February 21, 2022
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Ciclismo, le parole di Dumoulin e Filippo Ganna sul tema Covid
Dopo l’attacco di Van Aert, anche i suoi colleghi più illustri come Dumoulin hanno chiesto nuove regole sul Covid.
In particolare, durante la conferenza stampa di inizio Tour sono arrivate le parole di Tom Dumoulin e Filippo Ganna. L’olandese ha sposato in pieno la linea del suo collega affermando:
“Se sei positivo qui e devi restare in quarantena per 10 giorni, vuol dire che perdi tutta la preparazione, tutta la primavera, pur senza sintomi. Più o meno le stesse regole di due anni fa quando il virus era molto più mortale e i vaccini non c’erano. È quantomeno strano e ci può creare problemi. Più del ciclismo, è un qualcosa che riguarda le regole degli Stati: non so quanto il ciclismo da solo possa fare davvero”
L’italiano ha invece adottato un approccio più morbido: “Per fortuna, ora la maggior parte dei casi mi sembra che sia asintomatico. Questo è già importante. Non è però il nostro lavoro decidere le regole, noi ci atteniamo a quello che ci dicono. Avremo modo di capire in futuro le scelte fatte sono state giuste o no, ma se si prendono, sono prese per il bene della comunità e non dei singoli”.
Insomma, il dibattito non è stato ancora risolto e l’impressione è che anche il ciclismo dovrà fare i conti con la pandemia ancora per un bel po’.