E dopo il via libera nell’Aula della Camera alla mozione di maggioranza sulle concessioni balneari, molti sono i proprietari pronti a scendere in piazza a protestare per chiedere maggiori sicurezze. Anche Mauro Vanni, Presidente di Confartigianato Imprese Demaniali, alla trasmissione Pomeriggio con Noi, con Debora Carletti e Francesco Acchiardi ribadisce come il concetto di sicurezza e certezza siano alla base di ogni mentalità imprenditoriale e siano quindi gli elementi fondamentali per fare impresa.
“Non ci può essere impresa se non c’è certezza. È quello che noi chiediamo da anni. La questione delle concessioni demaniali è un argomento che si trascina dal 2006 e purtroppo tutti i governi che si sono succeduti non hanno trovato una soluzione seria e definitiva. Ora il governo Draghi ha preso in mano la situazione, anche un po’ costretto dalla condizione Europea, e ha definito termini e condizioni”.
Concessioni balneari. Un’istantanea della bozza
“Rispetto a come erano partite le forze in campo, dopo la sentenza del Consiglio di Stato, temevamo veramente in una situazione drammatica. Sono le stesse imprese balneari che hanno creato questo tipo di turismo basato sull’eccellenza. Il nostro sistema viene copiato ovunque nel mondo, poiché le nostre attività dal piccolo hanno creato tante grandi realtà. Dando uno sguardo anche alla bozza, questa realtà è stata rispetta. Fondamentale è il passaggio in cui si evince che ci sarà una sorta di riconoscimento del lavoro svolto dei ‘vecchi’ concessionari da parte dei nuovi, nel momento del cambio. Non si parla solo dell’investimento fatto per modernizzare o comprare l’immobile. Si tratta del valore intero dell’impresa con annesso avviamento e know how del progetto. In più va riconosciuto il valore della professionalità”.
Il Consiglio dei Ministri ha dato l’indicazione politica.
Ora le due camere del Parlamento con soggetti istituiti dallo stesso dovranno lavorare sulla legge delega. Percependo, però, la volontà politica del Consiglio dei Ministri. “Adesso il lavoro sindacale sarà proprio questo. Seguire i lavori parlamentari perché nella legge delega venga rispettato il volere del Consiglio dei Ministri.
Il problema si percuote tanto sui proprietari degli stabilimenti tanto sui lavoratori
“Noi abbiamo investito il patrimonio delle nostre famiglie in dei progetti in cui crediamo e sui cui ci siamo impegnati, ogni giorno, per crescere e dare il massimo dei servizi. Ora, c’è da considerare una cosa. Il fazzoletto di sabbia su cui sono insediate le nostre imprese è del demanio dello Stato, ma l’impresa che c’è sopra è nostra, di nostra proprietà. Questo è il valore che deve essere riconosciuto a tutte le aziende italiane. Non ci può essere una legge che da un giorno all’altro decida che un’azienda debba chiudere. Quindi prima di tutto bisogna tutelare le imprese esistenti, sempre però con un occhio nel rispetto delle norme europee sulla libera concorrenza”.
Investimento continuo, se si guarda anche al futuro
“Se lo Stato protegge le sue imprese, queste continueranno ad investire oggi ma anche in futuro. Quel settore che ora è un’eccellenza morirà se non si difende e salvaguarda. L’Italia perderà una fetta importantissima della proprio PIL. Considerate che il PIL del turismo nella bilancia nazionale è il 14%. Il 50% di questo 14% è dato dal turismo balneare. Pensate che danno economico potrebbe essere per l’Italia se si perdesse il valore che migliaia di famiglie sudando tutti i giorni su quel pezzo di sabbia hanno creato in tanti anni.
Lei teme l’arrivo di imprenditori stranieri, di grandi multinazionali?
“Tutto è possibile. Dipende da come verrà scritta la legge delega e come saranno i decreti attuativi. Io penso che nell’interesse dell’Italia ci debba essere la premiabilità per quelle piccole-medie imprese a gestione familiare che hanno creato il turismo balneare italiano. Le grandi imprese possono venire anche a fare grandi investimenti ma dell’accoglienza turistica non gli interessa niente. A loro interessa l’immagine, a loro interessa l’investimento. Quindi bisogna stare attenti che la legge non prenda la direzione sbagliata perché il Consiglio dei Ministri ha dato delle indicazioni precise”.
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