Eutanasia, Letta: “Il Parlamento deve decidere subito“.

Un quesito inammissibile. Una politica fuori dal tempo. Un Parlamento lontano dalla società. In queste tre semplici espressioni è racchiusa la travagliata discussione sul fine vita dopo la bocciatura da parte della Corte Costituzionale del referendum sull’eutanasia.

Referendum, la Consulta: “Inammissibile il quesito sull’eutanasia”

Ma andiamo per ordine. Il 15 febbraio scorso i giudici della Consulta, chiamati ad esprimersi – tra gli altri – sul referendum denominato Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (il cosiddetto omicidio del consenziente) hanno constatato che con una tale iniziativa “non sarebbe preservata la difesa minima costituzionalmente necessaria dell’esistenza umana, con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Secondo il presidente Giuliano Amato, il referendum in parole povere avrebbe depenalizzato reati che vanno al di là del suicidio assistito di una persona malata terminale.

Una decisione che, seppur giustificata, ha lasciato l’amaro in bocca ai promotori del referendum e agli italiani che avevano firmato a favore. Un milione e 200mila persone.

Eutanasia, Enrico Letta invita i partiti all’azione

Arriviamo ad oggi. Il segretario del Partito Democratico Enrico Letta attraverso un lungo intervento sul quotidiano La Repubblica, ha invocato pubblicamente un dialogo con le altre forze politiche. Bisogna intervenire e in fretta. Perché, spiega Letta, non si può ignorare la grande spinta che arriva dal basso né tanto meno la storica sentenza del 2019. Quando la Corte Costituzionale, dopo il caso Dj Fabo, ha chiarito che il suicidio assistito a determinate condizioni non è punibile e ha sollecitato il Parlamento a intervenire: una legge è “indispensabile”, scrivevano i giudici. Legge che nonostante il tempo trascorso ancora non c’è.  

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