Il Padrino è un capolavoro indiscusso della storia del cinema. Ma per il suo regista ha rappresentato un incubo che ancora lo tormenta, legato ai suoi rapporti con l’industria del cinema hollywoodiana.

Il Padrino: 50 anni di un successo che ha rovinato il suo regista

Il 2022 segna il cinquantesimo anniversario de Il Padrino, primo capitolo della trilogia firmata da Francis Ford Coppola sulla famiglia mafiosa dei Corleone che, per l’occasione, tornerà al cinema dal 28 febbraio al 2 marzo in un’edizione completamente restaurata.

Cast stellare – Marlon Brando, Al Pacino, Diane Keaton, Talia Shire, James Caan, John Cazale e, nei due film successivi, anche Robert De Niro, Sofia Coppola e Andy Garcia – e trionfo di pubblico e critica, per una pellicola che raccontò la mafia italoamericana con un afflato epico. Al punto che, quando Matteo Garrone portò agli Oscar il suo Gomorra, nel 2009, che raccontava una malavita contemporanea, più brutale e decisamente meno affascinante, venne snobbato dai giurati che non riconoscevano in essa il modello impresso nell’immaginario dalla trilogia di Coppola.
Il regista ha rilasciato una lunga intervista in cui ha toccato diversi temi, tra cui proprio il suo rapporto ‘complicato’ con il film.

Quel film mi ha rovinato. Nel senso che ha avuto così tanto successo che tutto quello che ho fatto dopo è stato paragonato a quella pellicola”.

Coppola contro i film Marvel: “Hanno creato un prototipo che influenza anche i film d’autore”

il padrino
Una scena di “Dune” di Denis Villeneuve.

Quanto accaduto con Il Padrino, secondo Coppola, fa parte di un discorso più ampio che riguarda l’intera Hollywood. Il regista se la prende con la ricerca costante di standard di successo da replicare all’infinito, senza lasciar spazio alla creatività degli autori. Una tendenza che oggi, con il successo clamoroso dei cinecomics della Marvel, come confermato da Spider-Man: No Way Home, è ulteriormente peggiorata.

“Un tempo c’erano i film degli Studios, ora abbiamo i film della Marvel, e questi film sono dei prototipi, nel senso che vengono realizzati uno dietro l’altro, continuamente, per dare l’idea di essere sempre diversi. Anche registi di talento, come ad esempio Denis Villeneuve, un artista di grande talento che ha fatto Dune, o Cary Fukunaga che ha diretto l’ultimo 007 No Time to Die. Entrambi questi film presentavano le stesse identiche sequenze, con le macchine che si scontrano. Quella roba è in tutti e due i film, e deve esserci per giustificare il loro budget. E questi sono i film buoni, fatti da persone di talento”.

Il futuro per Coppola si chiama Megalopolis

Francis Ford Coppola conferma così la sua storica avversione per le dinamiche di Hollywood, che lo portò negli anni Settanta a intraprendere percorsi indipendenti (famosa la sua American Zoetrope, casa di produzione più volte fallita e risorta).
Una strada che sembra riguardare anche il futuro del regista de Il Padrino, intenzionato finalmente a dirigere il progetto che lo ossessiona da almeno quarant’anni: Megalopolis.
Coppola lo descrive come una storia d’amore e un’indagine filosofica sulla natura umana, ambientata in una New York che riecheggia atmosfere dell’antica Roma.

“Racconta di una donna che vede la sua fedeltà divisa tra due uomini, ognuno dei quali è portatore di un preciso principio filosofico. Uno è il padre che l’ha cresciuta, che le ha insegnato il Latino quando era piccola e che è legato ad una visione classica e della società, come una sorta di Marco Aurelio. L’altro è l’uomo che ama, nemico di suo padre perché ispirato a una visione più progressista, orientata a ‘fare un salto nel futuro’ per superare tutta la spazzatura che, secondo lui, ha contaminato l’umanità per 10.000 anni, e scoprire ciò che siamo davvero, cioè una specie illuminata, amichevole e gioiosa”.

L’intenzione di Coppola, come sempre estremamente ambiziosa, è di rendere Megalopolis un classico sul modello de La vita è meravigliosa di Frank Capra. Un film che la gente guarderà ogni anno, discutendone e domandandosi se la società in cui viviamo è la sola possibile.
Per questo, è anche consapevole che dovrà finanziarselo da solo. Ecco perché lo scorso anno, il regista ha deciso di vendere una parte significativa del suo impero vinicolo, in modo da investire il ricavato nella sua prossima impresa.

“Io possiedo i diritti di Apocalypse Now semplicemente perché nessuno Studio voleva darmi i soldi per farlo. Se si sono comportati così quando avevo 33 anni, avevo vinto ogni genere di premio e battuto ogni record al box office, di sicuro non cambieranno atteggiamento adesso che ho 82 anni. So bene che più sarà personale e più sognerò di lavorarci, più Megalopolis sarà difficile da finanziare. Ma sono anche sicuro che rientrerà dell’investimento sul lungo periodo, perché la gente nei prossimi 50 anni continuerà a chiedersi: cosa c’è davvero in quel film? Cosa ci vuole dire Megalopolis?

Per approfondire temi e curiosità legate al cinema, l’appuntamento è con Buio in Sala, il sabato, dalle 18:30 alle 20 su Radio Cusano Campus.