Il Senatore Emanuele Dessì del Partito Comunista è intervenuto ai microfoni de L’Italia s’è Desta condotta dal direttore Gianluca Fabi e Matteo Torrioli su Radio Cusano Campus per rilanciare la sua protesta contro l’obbligo vaccinale per gli over 50.

“Rispetto la legge come uomo, cittadino e membro delle Istituzioni. Questo però non vuol dire che io non possa contestare questa legge. Io ho una particolare situazione sanitaria. Essendo di origine sarda io ed i miei familiari soffriamo di favismo che ci ha portato ad avere allergie gravi e shock anafilattici importanti. Negli ultimi anni si sono inserite alcune patologie oncologiche delle quali soffro. Con i miei medici abbiamo deciso di evitare il vaccino. Esenzione? È difficile perché anche i medici di famiglia hanno paura nel prendere certe decisioni perché non sanno a quali conseguenze andrebbero incontro. C’è una strategia del terrore anche nei loro confronti”.

Green Pass, uno strumento divisivo

“Si è cercato di dividere la società in buoni e cattivi. Sarebbe stato meglio uscire da questo dramma tutti insieme perché in un Paese complesso come il nostro c’è di tutto. Abbiamo costruito in tanti anni di società civile un mondo libero e non si può prescindere dalla libertà”.

Il mio stipendio viene decurtato – spiega ancora Dessì – non percepirò tutta la parte relativa alla diaria perché non sono presente in aula. Di questo però non mi importa. Ritengo di dover fare questa battaglia politica per eliminare oggi il certificato di vaccinazione. Si continua a mortificare il popolo italiano”.

Obbligo vaccinale over 50, cosa succede con la fine dello Stato d’Emergenza?

Dopo il 31 marzo scomparirà anche il green pass?Il green pass e l’obbligo per gli over 50 sono estesi fino alla fine di giugno. Ci sarebbe una forte contraddizione se con la fine dello stato d’emergenza rimanesse in vigore questo provvedimento. Tutta la polemica politica degli ultimi due anni è stata sull’uso dei DPCM e lo stato d’emergenza. Chi governava diceva che queste misure straordinarie servivano per intervenire in fretta per combattere il virus. Che senso ha avere uno strumento che punta sull’immediatezza della decisione e intanto posporre di cinque mesi, con un’epidemia in calo, la validità di un certificato così penalizzante nei confronti dei lavoratori?  Lasciare centinaia di famiglie in questa fase senza salario è una forma punitiva da regime non democratico”.