Sono ore calde in Nuova Zelanda, con il dibattito che si incentra sui favorevoli e contrari alla recente decisione del Parlamento sul tema Lgbt. Proprio il legislativo neozelandese ha approvato con percentuale bulgara, quasi all’unanimità, una legge che mette al bando ogni pratica per cambiare con forzatamente l’orientamento sessuale, l’identità di genere o l’espressione di genere di una persona, note come “terapia di conversione”. La prima a riportarlo è stata la Cnn online. Il disegno di legge, presentato dal governo lo scorso anno, è stato approvato con 112 voti favorevoli e 8 contrari. “Questo è un grande giorno per le comunità arcobaleno della Nuova Zelanda”, ha affermato il ministro della Giustizia, Kris Faafoi. “Le pratiche di conversione non hanno posto nella Nuova Zelanda moderna”.

La legge approvata in Nuova Zelanda definisce anche ciò che non è una pratica di conversione e tutela il diritto a esprimere opinioni, convinzioni religiose o principi che non intendono modificare o sopprimere l’orientamento sessuale, l’identità di genere o l’espressione di genere di una persona. In base alla normativa, sarà reato eseguire pratiche di conversione su un minore o un giovane di età inferiore ai 18 anni, o su una persona con ridotta capacità decisionale. Tali reati saranno puniti con pene fino a tre anni di reclusione.

Nuova Zelanda, Lgbt e il dibattito sul Ddl Zan

Sarà anche reato eseguire pratiche di conversione su chiunque, indipendentemente dall’età, dove le pratiche causano gravi danni: in questo caso i trasgressori rischiano fino a cinque anni di reclusione. Quanto si sta vivendo in queste ore in Nuova Zelanda ricorda quanto visse il nostro Paese nel dibattito sul Ddl Zan. Toni diversi, pareri contrastanti ma il tema Lgbt si espande a livello globale tra proteste e manifestazioni. Insomma, il sociale non conosce limiti, seppur in molte parti del mondo si fa fatica a progredire.