Era il 17 febbraio 1992 quando Mario Chiesa, l’allora presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano (tornato alla ribalta in tempi di Covid), venne arrestato su richiesta del magistrato Antonio Di Pietro dando così inizio alla bufera di Tangentopoli. Trent’anni fa il 17 febbraio era un lunedì e Chiesa venne arrestato per concussione: colto in flagrante mentre incassava sette milioni di lire (la metà dei 14 pattuiti) da un imprenditore che voleva assicurarsi l’appalto delle pulizie dell’ospizio meneghino. All’epoca l’inchiesta aveva preso il nome di Mani Pulite. Mani non in pasta. Con l’allargarsi della vicenda però, anche il nome di Tangentopoli cambiò radicalmente la storia del nostro Paese.
“Avvocato, riferisca al suo cliente che l’acqua è finita“
Levissima e Fiuggi infatti, noti marchi di acqua minerale, erano i nomi di due conti correnti in Svizzera posti sotto sequestro dallo stesso pm Antonio Di Pietro, che all’avvocato di Chiesa disse queste taglienti parole. Di qui, il presidente del Pio Albergo Trivulzio, nonché esponente del PSI milanese, decise di collaborare. Chiesa non si risparmia e svela il sistema delle tangenti, le mazzette, alla base della conquista di ogni appalto. E non risparmia neanche i partiti, il suo, ma anche la Democrazia Cristiana. L’allora segretario del partito socialista Bettino Craxi tenterà di liquidare la vicenda di Mario Chiesa parlando di lui come di un mariuolo isolato, dentro e fuori il PSI.
Le elezioni, e la politica conoscono Tangentopoli
Nel 1992 si torna alle urne, con un Parlamento che rimarrà in carica solo due anni. Il quadripartito, composto da DC, PSI, PSDI e PLI sarà scosso dalle inchieste della procura milanese: Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Pier Camillo Davigo e Ilda Bocassini sono solo alcune delle figure più note del pool che indaga. La svolta il 2 settembre 1992, con il suicidio del socialista Sergio Moroni: il deputato, che aveva ricevuto in estate due avvisi di garanzia, si toglie la vita. Lascia però una lettera – più altre tre per la sua famiglia – indirizzata all’allora presidente della Camera Giorgio Napolitano: nella missiva, Moroni parla del “grande velo di ipocrisia (condivisa da tutti) ha coperto per lunghi anni i modi di vita dei partiti e i loro sistemi di finanziamento” ammettendo poi: “Ho commesso un errore accettando il «sistema», ritenendo che ricevere contributi e sostegni per il partito si giustificasse in un contesto dove questo era prassi comune“.
Craxi, Mani Pulite e “il clima infame“
Il segretario del Partito Socialista Bettino Craxi, molto vicino a Moroni, accusò stampa e procura di aver creato un clima infame. Non sarà la prima volta, né l’ultima, che procura e socialisti si scontreranno. Tangentopoli conobbe solo una piccola parte della sua fama nel 1992. Lo tsunami giudiziario doveva ancora mostrare tutta la sua forza. Forza che nel 1993 esplode e travolge tutti e che già a dicembre affonda uno dei colpi più pesanti: poco prima della fine del 1992 infatti anche lo stesso Craxi viene raggiunto da un avviso di garanzia. In pochi mesi, il leader del PSI fu raggiunto da altri 10; per questo Bettino Craxi decise di rinunciare alla carica di segretario del suo partito. Nella sua ultima difesa alla Camera dei Deputati, il 29 aprile 1993, Craxi non si dichiarò innocente, ma confermò la colpevolezza di tutte le formazioni politiche: il finanziamento – anche illecito – ai partiti infatti era, nella tesi difensiva, necessario. Nessuno, quindi, aveva mani pulite.
Le monetine all’Hotel Rapahel
Roma, 30 aprile 1993. Nella serata capitolina, a Largo Febo, dietro piazza Navona, piovono monete. L’Hotel Raphael, da anni la dimora capitolina di Craxi, è presa da assalto da una folla imbufalita che, al grido di “Bettino vuoi pure queste” e “chi non salta socialista è” lancia insulti e monete contro il politico. Nel 1994 Craxi fuggì in Tunisia, ad Hammamet, dove rimase fino alla sua morte, il 19 gennaio 2000.
Gli altri leader decaduti
Bettino Craxi però non fu l’unico a dover abbandonare la politica, raggiunto dalle indagini del pool milanese: Il tesoriere della DC Severino Citaristi ne ricevette addirittura 72. Lasciano il segretario del Partito Repubblicano Giorgio La Malfa e quello del Partito Liberale Renato Altissimo. La DC, all’apice della sua fine, perde la figura di Ciriaco De Mita, ex segretario e presidente della Commissione bicamerale per le riforme. A fine marzo anche Carlo Vizzini lascerà la segreteria dei socialdemocratici.
E le aziende indagate
Come ricorda anche Sky, ci sono tante aziende e tante figure di spicco del mondo dell’imprenditoria finiscono nella rete della procura nelle inchieste di Mani Pulite. Viene arrestato Gabriele Cagliari, presidente Eni, che si suicida il 20 luglio 1993. Tre giorni dopo si toglie la vita anche Raul Gardini, presidente del gruppo Ferruzzi-Montedison, informato dal suo avvocato dell’avvio delle indagini su di lui. Vengono arrestati l’a.d. di Montedison Carlo Sama e il manager Sergio Cusani, consulente finanziario di Gardini accusato di falso in bilancio e di violazione alla legge sul finanziamento dei partiti. Il caso viene ribattezzato Enimont. Al centro, una tangente record da 150 miliardi di lire.
A trent’anni da Mani Pulite è davvero cambiato qualcosa?
Sembrerebbe di no, almeno non per tutti, stando al sondaggio pubblicato da Demos e Libera. Dati che lasciano poco spazio alle interpretazioni e ampio margine sulle riflessioni: sei cittadini su dieci intervistati ritengono che non sia cambiato nulla dal 1992. Il 22% degli intervistati pensa che la corruzione sia ancora più cresciuta. Il 78% degli italiani intervistati ritiene che la corruzione in politica sia lo specchio della società. L’ 85% degli intervistati riconosce il ruolo fondamentale dei colletti bianchi e professionisti nel legame con le mafie. “La mafia che uccide o esercita forme di violenza diretta è, oggi, residuale: prevale quella «imprenditoriale» che fa soldi con i soldi, che usa il denaro per corrompere e aprirsi le strade, usando eventualmente la minaccia e l’intimidazione. Col rischio- commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera- che la strategia di «basso profilo», nell’ombra, induca a pensare che non esista più. Invece esiste ed è più che mai potente perché insediata nei gangli dell’economia dei monopoli e del cosiddetto libero mercato, libero ma soggetto alle regole dei più forti. Oggi il grande problema è la connivenza tra sistema capitalistico e sistema criminale. La piaga è la commistione tra crimine economico e crimine mafioso, commistione resa spesso possibile dalla latitanza della politica in quanto cura e promozione del bene comune.”